Inchiesta sul dossieraggio: 230mila accessi non autorizzati (solo dal 2019 al 2020)

L’inchiesta della procura di Perugia si sta rivelando molto più ampia di quanto inizialmente previsto. Secondo la procura, sarebbe stati effettuati oltre 230mila accessi non autorizzati alle banche dati della Dna, scaricando circa 200mila documenti tra il 2019 e il 2020, rispetto ai circa 30mila documenti precedentemente segnalati tra il 2021 e il 2022

Inchiesta sul dossieraggio: 230mila accessi non autorizzati (solo dal 2019 al 2020)

L’inchiesta della procura di Perugia si sta rivelando molto più ampia di quanto inizialmente previsto. Al centro di questa vicenda ci sono il tenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano e l’ex sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia (Dna) Antonio Laudati, accusati di accessi illeciti a banche dati riservate per ottenere informazioni sensibili. Secondo la procura, Striano avrebbe effettuato oltre 230mila accessi non autorizzati alle banche dati della Dna, scaricando circa 200mila documenti tra il 2019 e il 2020, rispetto ai circa 30mila documenti precedentemente segnalati tra il 2021 e il 2022. Questo aumento sorprendente del numero di documenti coinvolti sta spingendo l’inchiesta verso nuove dimensioni.

L’indagine è stata avviata in seguito a un esposto presentato dal ministro della Difesa Guido Crosetto, dopo che un articolo pubblicato dal quotidiano Domani aveva rivelato informazioni riservate su di lui. Striano e Laudati sono accusati di aver cercato informazioni compromettenti su membri del governo, esponenti politici, imprenditori e personalità del mondo dello spettacolo e dello sport, con l’obiettivo di utilizzarle per creare dossier con possibili fini ricattatori. Le indagini sono in corso almeno dall’estate del 2023, e il numero di persone coinvolte è cresciuto rispetto a quanto inizialmente stimato.

La procura di Perugia ha presentato nuovamente la richiesta di arresti domiciliari per Striano e Laudati, dopo che una prima richiesta era stata respinta dal giudice per le indagini preliminari lo scorso luglio. Durante un’udienza recente, il pubblico ministero Raffaele Cantone ha portato nuove prove, tra cui due informative della Guardia di Finanza e una nota del gruppo SOS della Dna, per dimostrare l’enorme numero di accessi effettuati da Striano. La quantità di documenti scaricati da Striano è considerata sproporzionata rispetto alle sue mansioni, con episodi in cui, in un solo giorno, Striano avrebbe scaricato oltre 10mila file, una cifra che altri dipendenti non raggiungono neanche in quattro anni di lavoro.

Parallelamente all’inchiesta giudiziaria, la vicenda ha suscitato grande interesse mediatico, pur non essendo trattata con la stessa attenzione da tutti i giornali. Alcune testate, come il programma televisivo “Quarta Repubblica”, condotto da Nicola Porro, hanno approfondito la questione, sollevando domande sulla reale portata dell’indagine e sulle motivazioni dietro questi accessi. Durante una puntata del programma, il giornalista Paolo Mieli ha descritto la vicenda come una “storia gigantesca”, ipotizzando l’esistenza di una “centrale” che accumula dossier su persone di ogni orientamento politico, con modalità simili a quelle utilizzate durante Mani Pulite. Secondo Mieli, questa rete avrebbe agito per anni, accumulando informazioni sia per scopi giudiziari che legati ai servizi segreti, influenzando così la politica italiana.

Guido Crosetto, considerato il primo a denunciare pubblicamente questa situazione, sarà presto ascoltato dal Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir). Anche Giovanni Toti, ex governatore della Liguria, ha raccontato di essere stato vittima di intrusioni simili nel 2018, con articoli che riportavano estratti dei suoi conti correnti personali.

L’inchiesta tocca anche il deputato del Movimento 5 Stelle Federico Cafiero De Raho, ex “capo” di Striano alla Dna e attualmente vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia. Il suo ruolo nella vicenda solleva dubbi sull’opportunità della sua presenza nella commissione, dato il coinvolgimento diretto nell’indagine. Forza Italia ha espresso perplessità sul comportamento di De Raho, in particolare per il suo suggerimento di non interrogare Striano, che si era avvalso della facoltà di non rispondere. Il legame tra De Raho e Striano, nato durante il loro periodo alla procura di Reggio Calabria e poi alla Dna, è stato oggetto di ulteriori interrogativi.

Mentre l’inchiesta prosegue, la procura di Perugia ha nuovamente richiesto gli arresti domiciliari per Striano e Laudati, sostenendo che esista il rischio di inquinamento delle prove. La prossima udienza è fissata per il 12 novembre, e il caso continua a suscitare interesse politico e mediatico, soprattutto per le implicazioni potenziali sul panorama politico nazionale.

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