Di cosa si parlerà al G7

I leader del G7 inizieranno con una sessione dedicata a “Africa, cambiamento climatico e sviluppo”, seguita da un’altra sul Medio Oriente. Nel primo pomeriggio, il focus sarà sull’Ucraina

Di cosa si parlerà al G7

Dal 13 al 15 giugno si terrà il G7 a Borgo Egnazia, nei pressi di Fasano, scelto dalla premier Giorgia Meloni come sede del summit. Durante questi tre giorni, i leader mondiali come Joe Biden, Emmanuel Macron, Rishi Sunak, Olaf Scholz, Fumio Kishida, Justin Trudeau e i vertici dell’Ue Charles Michel e Ursula Von Der Leyen affronteranno le principali sfide globali.

Sul tavolo ci sono due conflitti di portata globale: la guerra tra Russia e Ucraina e lo scontro tra Israele e Hamas. Le tensioni nell’Indo-Pacifico e il nuovo panorama politico dell’Europa, ridisegnato dalle recenti elezioni europee, saranno altri temi cruciali. Inoltre, alcuni capi di governo, come il britannico Rishi Sunak, si trovano in una posizione precaria per una riconferma.

Il G7 si svolge in un contesto internazionale complesso e segnato da numerose crisi. Saranno presenti anche rappresentanti di vari Stati e organizzazioni internazionali invitati dalla presidenza di turno. Per la prima volta, parteciperà un Papa, con Papa Francesco tra i protagonisti del summit. Saranno presenti anche Abdelmadjid Tebboune (Algeria), Javier Milei (Argentina), Luis Ignacio Lula da Silva (Brasile), Mohammed bin Zayed (Emirati Arabi Uniti), il Re della Giordania Abdallah II, Narendra Modi (India), William Ruto (Kenya), Mohamed Ould Ghazouani (Mauritania, presidente dell’Unione Africana), Kaïs Saïed (Tunisia), Recep Tayyip Erdoğan (Turchia), Akinwumi Adesina (Banca Africana di Sviluppo), Ajay Banga (Banca Mondiale), Kristalina Georgieva (Fondo Monetario Internazionale), Mathias Cormann (Ocse) e António Guterres (Onu). È atteso anche il Presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj.

Temi del G7

I leader del G7 arriveranno giovedì alle 10.30 e inizieranno con una sessione dedicata a “Africa, cambiamento climatico e sviluppo”, seguita da un’altra sul Medio Oriente. Nel primo pomeriggio, il focus sarà sull’Ucraina con la presenza del presidente Zelensky. La serata a Brindisi sarà segnata dal ricevimento al Castello Svevo, offerto dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Le sessioni di venerdì tratteranno migrazioni, Indo-Pacifico, sicurezza economica e intelligenza artificiale, con un intervento atteso di Papa Francesco. In serata, la sessione finale porterà all’adozione delle conclusioni del summit, un documento di circa 30 pagine a cui Giorgia Meloni sta già lavorando. A seguire, ci sarà un evento per i leader con uno spettacolo di danza e un concerto di Andrea Bocelli. La piazzetta del borgo pugliese ospiterà varie iniziative per i leader e le first ladies.

Sabato mattina sarà dedicato agli incontri bilaterali, con la conferenza stampa della presidente del Consiglio prevista per le 14.

Sul tavolo di Meloni e degli sherpa, tra cui la coordinatrice del summit Elisabetta Belloni, c’è il documento conclusivo del summit. Questo documento, di circa 30 pagine, è ancora da definire in alcuni punti critici, come l’accordo sugli asset russi congelati. Gli americani hanno proposto un prestito da 50 miliardi di dollari, garantito dai proventi dei fondi russi congelati presso Euroclear, la società belga che detiene la maggior parte degli asset immobilizzati. Il nodo da risolvere è trovare un meccanismo per legare gli impegni presi a livello di G7 con quelli a livello UE, considerando anche le questioni tecniche come la possibilità di garantire un prestito con asset congelati per sei mesi sulla base di una decisione del Consiglio europeo.

L’auspicio è che la “burocrazia diplomatica” riesca a trovare una soluzione, un obiettivo che la presidente del Consiglio spera di raggiungere per assicurarsi il successo del summit.

Accordo sul nuovo prestito all’Ucraina

Il G7 inizierà con la discussione su un importante accordo recentemente raggiunto: la concessione di un prestito superiore ai 50 miliardi di euro all’Ucraina, destinato a sostenere la resistenza militare e la ricostruzione delle infrastrutture energetiche del paese, impegnato da oltre due anni nel conflitto con la Russia. Questo accordo, fortemente sostenuto dagli Stati Uniti, è stato finalizzato dai “sherpa”, i consiglieri diplomatici dei vari paesi, negli ultimi giorni.

Il prestito è eccezionale e discusso da mesi. Gli Stati Uniti forniranno 50 miliardi, il Canada 5 miliardi e il Giappone 2 miliardi. La cifra stanziata dai paesi dell’Unione Europea verrà decisa nel prossimo Consiglio Europeo. Il finanziamento utilizzerà indirettamente i beni congelati della Russia, sequestrati a seguito delle sanzioni internazionali imposte dopo l’invasione dell’Ucraina.

In totale, sono stati congelati 210 miliardi di euro appartenenti alla Banca centrale russa e circa 25 miliardi di fondi privati di oligarchi, imprenditori e funzionari statali legati a Vladimir Putin. Sebbene inizialmente si fosse pensato di utilizzare direttamente questi beni per finanziare l’Ucraina, la legge prevede che i beni sequestrati restano formalmente di proprietà del loro detentore e possono essere solo bloccati, non utilizzati.

Pertanto, il prestito da 50 miliardi sarà garantito dagli interessi maturati sugli asset congelati della Banca centrale russa. I dettagli tecnici non sono ancora stati divulgati, ma la restituzione del prestito avverrà entro dieci o dodici anni. In caso di mancato rimborso da parte dell’Ucraina, i paesi finanziatori potranno rivalersi sugli interessi generati dai beni russi.

L’accordo è stato facilitato dalla decisione del Belgio di non opporsi, nonostante inizialmente avesse espresso preoccupazioni. La quasi totalità dei beni russi congelati è depositata presso Euroclear, una società finanziaria belga. Il Belgio tassa i profitti generati da questi beni congelati, ricavando oltre un miliardo e mezzo di euro per il suo bilancio statale, e temeva che usarli come garanzia per il prestito potesse danneggiare i propri interessi.

L’Africa e la sfida migratoria

Il contrasto all’immigrazione illegale è strettamente legato al rilancio della cooperazione con l’Africa, come delineato nel “Piano Mattei” del governo italiano. Il vertice mira a proporre una strategia condivisa che stimoli gli investimenti nel continente africano, affrontando alla radice le cause dei flussi migratori, tra cui il cambiamento climatico, combattendo i trafficanti di esseri umani e aprendo canali di ingresso legali basati su opportunità lavorative reali. Questa strategia deve essere discussa e coordinata con i governi africani, non imposta dall’alto.

La presenza al summit di Mohamed Ould Ghazouani, presidente della Mauritania e presidente di turno dell’Unione Africana, di Kais Saied, presidente della Tunisia, di Abdelmadjid Tebboune, presidente dell’Algeria, di William Ruto, presidente del Kenya, e di Akinwumi Adesina, presidente della Banca Africana di Sviluppo, non è solo formale. Inoltre, la partecipazione di Argentina, Brasile, Emirati Arabi Uniti, Giordania, India e Turchia testimonia l’intento di “aprire” il consesso delle sette democrazie più ricche del mondo ad altre nazioni, in particolare al Sud globale, per una migliore collaborazione alla stabilità del pianeta. Tra i temi trattati ci sarà probabilmente l’alleggerimento del debito dei Paesi africani. La discussione su una tassa minima globale sulle multinazionali, fortemente sostenuta dall’Italia, continua, ma non si prevedono sviluppi risolutivi.

Contenere Pechino

Il contenimento della crescente influenza della Cina nell’Indo-Pacifico, con le provocazioni verso Taiwan, è stato un punto focale della politica estera dell’amministrazione Biden e sarà centrale nel vertice. I rapporti con Pechino hanno sempre diviso Washington dagli alleati europei, che mantengono relazioni economiche vantaggiose con la Cina. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha approfondito i rapporti con Xi Jinping dopo l’inizio della guerra in Ucraina, cercando di compensare la perdita della Russia come partner economico. Sarà inevitabile discutere su come limitare le esportazioni cinesi in Russia di prodotti elettronici “dual use”, che potrebbero sostenere lo sforzo bellico russo in Ucraina. Gli Stati Uniti hanno già annunciato misure punitive per le aziende e banche cinesi che aiutano Mosca a evadere le sanzioni, ma è improbabile che i partner europei seguano Washington su questa linea. Le divergenze tra le due sponde dell’Atlantico sono significative anche riguardo al problema della sovracapacità produttiva cinese e alle distorsioni causate dai sussidi cinesi alle aziende esportatrici.

La guerra di Gaza

Il conflitto tra Israele e Hamas sarà certamente discusso nella sessione dedicata al Medio Oriente, ma non ci si aspettano sviluppi significativi. Probabilmente, i membri del G7 ribadiranno il loro sostegno al piano di pace in tre fasi proposto dagli Stati Uniti e recentemente respinto da Hamas. Le migliaia di vittime civili causate dalla risposta di Israele all’attacco del 7 ottobre complicano ulteriormente la situazione. Le richieste di moderazione da parte dell’Occidente hanno avuto sfumature diverse a seconda delle diverse nazioni, e la presenza di Paesi arabi che hanno condannato duramente la reazione di Tel Aviv rende difficile raggiungere una posizione unanime tra tutti i partecipanti.

Un’intelligenza artificiale a misura d’uomo

I leader del G7 discuteranno delle prospettive e dei rischi legati allo sviluppo dell’intelligenza artificiale con Papa Francesco, che ha spesso avvertito dei pericoli di un’evoluzione tecnologica senza limiti etici. Il vertice seguirà il “processo di Hiroshima” avviato l’anno scorso sotto la presidenza giapponese, che ha portato all’approvazione di un codice di condotta “volontario” per istituzioni e imprese che utilizzano l’intelligenza artificiale. Le principali preoccupazioni delle democrazie riguardano le possibili violazioni della privacy e l’aggravarsi del fenomeno della disinformazione online, con un aumento dei “deepfake” che sono sempre più difficili da riconoscere anche per gli esperti.

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