Cosa c’è nel report sulla competitività presentato da Mario Draghi

L’ex presidente del Consiglio Mario Draghi è stato incaricato dalla presidente della Commissione europea di analizzare come rilanciare l’economia di Bruxelles

Cosa c'è nel report sulla competitività presentato da Mario Draghi

L’ex presidente del Consiglio italiano Mario Draghi è stato incaricato dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, di analizzare come rilanciare l’economia di Bruxelles. Tuttavia, le sue proposte potrebbero sollevare critiche sia dalla destra che dalla sinistra europea. Lunedì Draghi ha presentato il rapporto sulla competitività dell’Unione Europea, in cui ha promesso un “cambiamento radicale”. Rinviato da giugno, il rapporto arriva in un momento cruciale per l’UE, a pochi giorni dalla nomina dei nuovi commissari europei da parte di von der Leyen, e avrà un impatto significativo sul prossimo ciclo politico dell’Unione.

Durante il suo mandato alla guida della Banca centrale europea, Draghi si era impegnato a fare “tutto il necessario” per difendere l’euro dalle crisi economiche. Ora, von der Leyen gli ha affidato una sfida ancora più grande: rilanciare l’intera economia europea.

Il rapporto di Draghi evidenzia il crescente divario di produttività tra l’UE e gli Stati Uniti. Attualmente, l’economia americana è più grande del 50% rispetto a quella europea, mentre 15 anni fa erano sostanzialmente equivalenti. Nel documento si legge: “Per raggiungere gli obiettivi stabiliti in questa relazione, è necessario un investimento aggiuntivo annuo minimo di 750-800 miliardi di euro, secondo le ultime stime della Commissione, pari al 4,4-4,7% del PIL dell’UE nel 2023”. A titolo di confronto, gli investimenti del Piano Marshall tra il 1948 e il 1951 rappresentavano l’1-2% del PIL dell’Europa. Per raggiungere questi obiettivi, la quota di investimenti dell’UE dovrebbe salire dall’attuale 22% del PIL a circa il 27%, invertendo un calo che dura da decenni nelle principali economie europee.

Già ad aprile, Draghi aveva sottolineato la necessità di rispondere ai massicci sussidi di Stati Uniti e Cina per le tecnologie verdi, mettendo in discussione l’attuale assetto del commercio globale. Nel suo incontro della scorsa settimana con gli ambasciatori dell’UE, ha affrontato anche temi come la riduzione della dipendenza dell’Europa dai paesi esterni, il cambiamento climatico e l’inclusione sociale. Ha inoltre avanzato proposte dettagliate per dieci settori chiave, tra cui difesa ed energia.

Alcune delle conclusioni di Draghi sembrano riprendere quelle già avanzate da Enrico Letta, un altro ex presidente del Consiglio italiano, incaricato all’inizio dell’anno di elaborare un piano per rafforzare il mercato unico dell’UE. Resta tuttavia da chiarire come Draghi intenda finanziare i suoi progetti. Letta, ad aprile, aveva suggerito di destinare una parte dei sussidi nazionali ai progetti europei o di utilizzare i prestiti del Meccanismo europeo di stabilità, inizialmente pensato per il settore bancario, per finanziare la difesa. Un’altra possibile opzione, che potrebbe essere proposta da Draghi, è l’emissione di Eurobond, una misura che, però, rischia di essere molto controversa.

Le proposte di Draghi dovranno affrontare critiche sia dalla destra che dalla sinistra europea. La destra potrebbe accusarlo di trascurare l’impatto dell’immigrazione, mentre la sinistra potrebbe considerare le sue idee troppo orientate alla deregolamentazione e a scapito dei salari dei lavoratori. Inoltre, il rapporto dovrà superare le resistenze burocratiche, poiché molti lo vedono come un avvertimento per una Bruxelles ormai compiacente. In passato, il Consiglio dell’UE ha bloccato numerose riforme di mercato, e il rapporto di Draghi potrebbe rappresentare una scossa anche per la Commissione europea, l’organo responsabile della proposta di nuove leggi.

È possibile che von der Leyen adotti alcune delle proposte di Draghi e le inserisca nelle linee guida che consegnerà ai nuovi commissari europei. Se così fosse, queste idee potrebbero definire l’agenda del suo prossimo mandato quinquennale.

Cinque punti chiave da cui trarre spunto

Il rapporto di Mario Draghi sulla competitività dell’Unione Europea ha messo in evidenza cinque punti fondamentali che rappresentano delle sfide cruciali per il futuro dell’Europa. Draghi ha sottolineato che l’Unione non può più permettersi di procrastinare, poiché il mancato intervento metterebbe a rischio il benessere economico, l’ambiente e la libertà dei cittadini europei. Durante la presentazione del rapporto il 9 settembre, ha avvertito: “Abbiamo raggiunto il punto in cui, senza un’azione, dovremo compromettere il nostro benessere, il nostro ambiente o la nostra libertà”.

Debito comune

Nel suo rapporto di oltre 400 pagine, Draghi ha delineato una serie di raccomandazioni su come finanziare e coordinare le politiche europee per evitare un ulteriore declino nella scena globale. In particolare, ha ribadito la necessità di un debito comune per sostenere gli investimenti necessari a garantire la competitività dell’UE, specialmente nel campo della trasformazione digitale, della sostenibilità ambientale e della difesa. Draghi ha proposto che i prestiti comuni dell’UE, come già avvenuto con il piano Next Generation EU, diventino uno strumento regolare per finanziare progetti europei condivisi, in grado di rafforzare la competitività e la sicurezza dell’Unione. Ha evidenziato che se settori cruciali come infrastrutture, difesa, ricerca e innovazione non saranno finanziati e pianificati congiuntamente, l’Europa rischia di rimanere indietro rispetto alle altre grandi potenze economiche.

“Problema Cina”

Nel rapporto Draghi ha anche affrontato il “problema Cina”. Ha osservato che negli ultimi anni l’UE ha considerato la Cina non solo come un partner, ma anche come un concorrente economico e un rivale sistemico. Tuttavia, ora Pechino è vista anche come una “minaccia”, soprattutto per l’industria automobilistica e delle tecnologie verdi europee. Pur riconoscendo che una maggiore collaborazione con la Cina potrebbe facilitare la decarbonizzazione, Draghi ha avvertito che la concorrenza cinese, sostenuta dallo Stato, sta mettendo a rischio l’industria europea. Il blocco deve dunque essere pronto ad adottare un approccio pragmatico e difensivo nella sua politica commerciale per riequilibrare il rapporto con la Cina.

Innovazione

L’innovazione è un altro tema centrale del rapporto. Draghi ha sottolineato l’urgenza per l’Europa di colmare il divario tecnologico con Stati Uniti e Cina. Pur riconoscendo che l’Europa non manca di idee, ha evidenziato che l’innovazione stenta a tradursi in prodotti e servizi concreti. Negli ultimi decenni, nessuna azienda con un valore superiore ai 100 miliardi di euro è stata creata da zero in Europa, mentre molte start-up di successo hanno lasciato il continente a causa delle difficoltà di crescita. Con l’arrivo dell’intelligenza artificiale e di altre tecnologie dirompenti, l’Europa deve investire in innovazione e nelle competenze dei lavoratori per poter competere a livello globale.

Industria

Draghi ha poi affrontato la questione dell’industria europea, facendo particolare riferimento al settore automobilistico. Ha sottolineato che l’Europa deve sviluppare una strategia industriale coordinata, simile a quella adottata da Stati Uniti e Cina, che integri diverse politiche, tra cui quelle fiscali, commerciali e estere. L’industria automobilistica europea, secondo Draghi, sta lottando per tenere il passo con la concorrenza cinese, in gran parte sovvenzionata dallo Stato. Per far fronte a queste sfide, l’UE dovrebbe adottare un approccio globale che copra tutte le fasi della produzione, dall’innovazione alla produzione e al riciclaggio, evitando però il protezionismo.

Rivorma del processo decisionale europeo

Infine, Draghi ha messo in evidenza la necessità di riformare il processo decisionale dell’UE, che a suo avviso è troppo lento e burocratico. Ha sottolineato che l’Unione deve imparare a coordinarsi meglio in ambiti cruciali e rendere le sue regole decisionali più efficienti. Draghi ha osservato che attualmente l’adozione di nuove leggi in Europa richiede in media 19 mesi e spesso incontra numerosi veti, mentre negli Stati Uniti il processo legislativo è molto più snello. Ha concluso suggerendo che l’UE debba “fare un po’ meno, ma concentrarsi di più”, riducendo la complessità del suo processo decisionale per rispondere più rapidamente alle sfide globali.

Video

L'informazione è di parte! Ci sono giornali progressisti e giornali conservatori. La stessa notizia ti viene raccontata in modo diverso. Se cerchi un sito che ti spieghi le cose con semplicità, e soprattutto con imparzialità, allora questo è il posto giusto per te. Cerchiamo notizie e fatti social del momento e li rimettiamo in circolo, senza giri di parole e senza influenzarti con le nostre opinioni.

FONTEUFFICIALE.it riassume le notizie pubblicate dalle agenzie di stampa e da altri media autorevoli (come Ansa, Agi, AdnKronos, Corriere della Sera, ecc..), quindi non è direttamente responsabile di inesattezze. Se, però, ritieni che un nostro articolo debba essere modificato o eliminato puoi farne richiesta [ scrivendo qui ].

Per ricevere i nostri aggiornamenti e restare informato ti invitiamo a seguirci sul nostro profilo ufficiale di Google News.
Potrebbero interessarti anche questi articoli: