L’Italia è il terzo Paese più popoloso dell’Ue. La popolazione è concentrata al Nord (47%), mentre il Sud e le Isole sono rispettivamente il 23% e il 10%. I giovani sono il 12% mentre gli over 65 il 24%
Con una popolazione di quasi 59 milioni di abitanti, l’Italia è il terzo Paese più popoloso dell’Unione Europea. Questa fotografia è fornita dal rendiconto sociale annuale dell’Inps, uno strumento essenziale per analizzare la situazione demografica, occupazionale e previdenziale della nazione. Tuttavia, i numeri nascondono una realtà più complessa: la popolazione è concentrata maggiormente al Nord (47%), mentre il Sud e le Isole ne accolgono rispettivamente il 23% e il 10%, risentendo di un crescente divario economico e demografico.
Una piramide demografica capovolta
Se un tempo la popolazione italiana aveva una struttura a piramide, oggi somiglia più a un vaso greco: alla base c’è una ridotta percentuale di giovani (12%), mentre la popolazione over 65 rappresenta il 24%. Questo significa che l’Italia sta invecchiando visibilmente, con un tasso di natalità in calo costante dagli anni ’60. Per fare un confronto, nel 1960 nascevano circa 923.000 bambini all’anno, mentre nel 2022 le nascite sono scese a 392.598. La riduzione delle nuove generazioni non è solo un dato statistico, ma rappresenta anche una sfida sociale, economica e culturale. A sostenere la speranza di vitalità è l’alta aspettativa di vita, con 85,2 anni per le donne e 81,1 per gli uomini, che rende l’Italia uno dei paesi più longevi al mondo. Tuttavia, l’invecchiamento della popolazione è affiancato da un fenomeno che tocca profondamente la società: la “fuga dei cervelli”.
Quando i giovani scelgono di partire
Il rapporto dell’Inps descrive una realtà in cui, accanto alla migrazione tradizionale, è emersa negli ultimi decenni una nuova ondata migratoria, stavolta composta soprattutto da giovani tra i 18 e i 39 anni, spesso laureati e specializzati. Quella che in passato era una “migrazione per opportunità” è diventata oggi una “migrazione per necessità”: un gran numero di italiani cerca all’estero le opportunità che spesso mancano in patria. Questo flusso rappresenta un capitale umano prezioso che l’Italia rischia di perdere. Le ragioni di questa scelta sono molteplici: salari inferiori alla media europea, precarietà dei contratti e un mercato del lavoro che fatica a integrarsi con la digitalizzazione e le nuove competenze richieste. La “fuga dei cervelli” non è quindi solo un trend, ma un segno dei tempi: si stima che ogni anno decine di migliaia di giovani italiani scelgano di emigrare, principalmente verso Germania, Regno Unito e Svizzera.
Mercato del lavoro frammentato
Anche il mercato del lavoro offre un quadro in parte malinconico, in parte promettente. In Italia il tasso di occupazione è salito al 61,5% della popolazione attiva (tra i 15 e i 64 anni), migliorando rispetto al 2022. Tuttavia, un altro dato importante è che l’11,8% della forza lavoro è occupata nei settori finanziari e dei servizi alle imprese, mentre solo il 9,9% è impiegato nel commercio. Il settore industriale rappresenta il 17,6%, ma le imprese italiane sono in media di piccole dimensioni: circa 4,8 milioni di microimprese hanno meno di dieci dipendenti ciascuna. Complica il quadro anche la differenza salariale di genere: le donne, sia nel settore privato che in quello pubblico, continuano a percepire salari mediamente inferiori rispetto agli uomini. Questo divario di genere non è solo una questione di equità, ma rappresenta un freno per un Paese che rischia di perdere una parte del proprio potenziale creativo e produttivo.
Una generazione di NEET e il peso delle pensioni
Un altro dato cruciale è quello dei NEET (giovani che non studiano, non lavorano e non sono in formazione), che rappresentano il 16,1% della popolazione tra i 15 e i 29 anni. Esiste un forte divario regionale su questo aspetto: in Sicilia la percentuale di NEET raggiunge quasi il 28%, mentre in Trentino-Alto Adige scende all’8,8%. Questo divario Nord-Sud è uno dei grandi problemi che l’Italia deve affrontare per garantire uno sviluppo sostenibile per le nuove generazioni. Nel frattempo, le pensioni costituiscono una voce rilevante nelle spese del Paese. Con oltre 15 milioni di pensionati Inps e 16,4 milioni di pensioni erogate, i costi previdenziali sono elevati, pur segnando una distribuzione che avvantaggia le generazioni passate. Gli importi delle pensioni sono aumentati nel 2023 rispetto al 2022, ma resta una disparità di genere, con pensioni mediamente più basse per le donne.
Prestazioni sociali e assistenziali
Nel 2023 anche il sistema delle prestazioni sociali ha subito dei cambiamenti. Le domande per Reddito e Pensione di Cittadinanza, misure pensate per sostenere le fasce più vulnerabili, sono diminuite. Tra gli interventi, è stato introdotto l’Assegno Unico e Universale, volto a semplificare l’accesso ai benefici e a sostenere le famiglie. Il rendiconto sociale segnala però una riduzione delle prestazioni del Reddito di Libertà, destinato alle donne vittime di violenza, indicando quanto i bilanci regionali possano influenzare l’accesso ai fondi di assistenza.
Il futuro dell’Italia
Nel contesto attuale, l’Italia è un Paese di anziani ma anche una terra da cui i giovani partono alla ricerca di un futuro. La Nazione, caratterizzata da forti legami familiari e tradizioni di assistenza intergenerazionale, si trova ora davanti alla sfida di evitare che questi legami diventino un freno per la crescita delle nuove generazioni. Il paradosso della “fuga dei cervelli” e dell’invecchiamento fa intravedere un rischio: senza trattenere i giovani talenti, si perde la linfa vitale per l’innovazione e lo sviluppo. L’Inps, attraverso le sue prestazioni, svolge un ruolo centrale in questo quadro, garantendo la previdenza per gli anziani e il supporto alle famiglie e ai giovani. Tuttavia, è evidente che per costruire un’Italia più inclusiva e innovativa sono necessarie riforme che vadano oltre la sfera previdenziale, promuovendo l’occupazione giovanile, la parità di genere e una maggiore valorizzazione delle risorse umane.
Chi sono, dunque, gli italiani di oggi? Sono un popolo di anziani longevi, di giovani spesso in partenza e di famiglie che continuano a sostenerli. L’Italia è una terra di transizione, in cui le nuove generazioni cercano ancora il proprio posto.