ADNKRONOS – IN 10 ANNI +30% DI BAMBINI NATI DA FECONDAZIONE ASSISTITA
Uno studio italiano presentato al 40esimo congresso della Società europea di Medicina della riproduzione ed embriologia (ESHRE) ad Amsterdam, ha rilevato un aumento significativo dei bambini nati da fecondazione assistita negli ultimi 10 anni. Secondo i dati dello studio, condotto su 6.600 coppie presso il centro Genera di Roma, la percentuale di bambini nati da fecondazione assistita è passata in media dal 32% nel 2010 al 42% nel 2020, con un aumento di circa il 30%. Questo incremento è stato favorito da 5 strategie che hanno migliorato i tassi di successo della fecondazione assistita nel corso degli anni. In particolare, si è registrato un picco di successo, compreso tra il 70% e l’80%, nelle donne di età inferiore ai 38 anni. Lo studio ha confrontato 11 gruppi di coppie in base all’anno del loro primo trattamento di fecondazione assistita, dal 2010 al 2020, analizzando diversi parametri come la nascita di un bambino entro 3 anni, la prevalenza di aborto spontaneo e di parto gemellare, nonché la prevalenza di parti singoli di più di 2 bambini entro 6 anni.
LEGGO – ITALIA AI MINIMI STORICI TRA I PAESI OCSE PER FECONDITA’ CON UNA MEDIA DI 1,2 FIGLI PER DONNA
In Italia, la fecondità è ai minimi storici tra i Paesi dell’OCSE, con una media di 1,2 figli per donna, pari merito con la Spagna e superata solo dalla Corea del Sud che registra un tasso ancora più basso di 0,7 figli per donna nel 2023. L’OCSE spiega che la diminuzione del tasso di fecondità è legata all’aumento dell’età in cui le donne hanno il primo figlio, passata da 26,5 anni nel 2000 a 29,5 anni nel 2022. In Italia, l’età media al primo parto è di 32,4 anni secondo l’Istat. Questo calo della fecondità, dimezzato nell’ultimo mezzo secolo (era di 3,3 figli per donna nel 1960), potrebbe compromettere la prosperità delle generazioni future, con possibili “gravi difficoltà economiche e sociali”. Contemporaneamente, l’indice di vecchiaia continua a salire, raggiungendo 193,1 anziani ogni 100 giovani al primo gennaio 2023, un aumento di 5,5 punti rispetto all’anno precedente. La Liguria e la Sardegna sono le regioni più anziane, mentre la Campania e Bolzano sono le più giovani. In ambito europeo, l’Italia ha l’indice di vecchiaia più alto e anche la speranza di vita alla nascita più elevata: 81,1 anni per gli uomini e 85,2 per le donne. La longevità è maggiore nel Centro-Nord, soprattutto a Trento, e minore in Campania. Sul fronte dei matrimoni e delle separazioni, nel 2022 in Italia sono stati celebrati 189.140 matrimoni, segnalando una ripresa dopo la pandemia. La maggior parte dei matrimoni si è svolta nel Centro-Nord, con un calo nel Mezzogiorno rispetto al 2021. Le separazioni sono state 89.907, con una diminuzione dell’8,2% rispetto al 2021, mentre i divorzi sono stati 82.596, stabili rispetto all’anno precedente (-0,7%). Il tasso di separazione più alto si registra in Sicilia (19,2 per 10.000 abitanti) e il più basso nella Provincia autonoma di Bolzano (10,3). I divorzi sono più frequenti in Liguria e Sicilia, mentre Bolzano ha il tasso più basso.
ANSA – UN TERZO DEGLI ANZIANI SUBISCE ABUSI NELLE RSA
Un terzo degli anziani subisce abusi nelle RSA e case di riposo. Violenze fisiche e psicologiche sono comuni, con la percentuale che sale a circa due su tre in queste strutture. I maltrattamenti da parte del personale includono la mancanza di rispetto per la dignità e la privacy dell’anziano, l’uso inappropriato di mezzi di contenzione, la rigidità negli orari serali e mattutini, l’uso improprio di farmaci, la mancata fornitura di occhiali, apparecchi acustici o protesi dentali, oltre alla carenza di cibo, bevande adeguate e assistenza nel mangiare. La Giornata Mondiale contro gli abusi agli anziani, promossa dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), ha evidenziato questi problemi. Il presidente della SIGG, Andrea Ungar, ha dichiarato che segnali come scarsa igiene, abiti sporchi, malnutrizione, disidratazione, lesioni inspiegabili, cadute, fratture, ustioni e lividi possono indicare maltrattamenti. Anna Castaldo, coordinatrice del gruppo di studio SIGG sulla prevenzione del maltrattamento, ha sottolineato che l’assistenza a un anziano, specialmente con deterioramento cognitivo, può essere estremamente impegnativa per i familiari, portando a situazioni di stress che peggiorano la qualità delle cure e, nei casi peggiori, sfociano in abusi, specialmente durante il difficile periodo estivo. Ungar e Castaldo evidenziano che la gentilezza è fondamentale nel prendersi cura degli anziani. Una persona fragile ha bisogno di essere ascoltata attentamente, di mantenere un contatto fisico e visivo, e di condividere momenti di relax. La gentilezza non solo migliora la salute mentale, ma può anche avere effetti benefici sulla memoria, aiutare a combattere la depressione e contribuire a ridurre la pressione sanguigna.
LEGGO – ISS: 100MILA MINORENNI A RISCHIO PER ABUSO DI ALCOL
L’Istituto Superiore di Sanità ha segnalato un aumento preoccupante nel consumo di alcol in Italia, con un’attenzione particolare verso i minorenni. Nel 2022, sono stati registrati 39.590 accessi al Pronto Soccorso correlati all’alcol, di cui circa 4.000 riguardavano ragazzi sotto i 18 anni. La situazione è allarmante, poiché l’alcol può causare danni irreversibili nei giovani, come deficit cognitivo precoce. Nonostante ciò, circa 650.000 minorenni hanno consumato bevande alcoliche e 104.000 hanno praticato binge drinking, bevendo più di 6 unità alcoliche in breve tempo. Questi dati riflettono un quadro più ampio di consumo di alcol in Italia, coinvolgendo complessivamente 36 milioni di persone. Tra questi, circa 10,2 milioni bevono quotidianamente, mentre 770.000 superano le linee guida di consumo sicuro e necessiterebbero di interventi specifici. L’analisi dell’Istituto evidenzia che solo una piccola percentuale degli alcolisti riceve trattamento sanitario, indicando che il problema potrebbe essere più diffuso di quanto registrato. Anche gli anziani sono una categoria a rischio, con circa 2,5 milioni di persone sopra i 65 anni che bevono in modo rischioso, con un aumento del consumo al di fuori dei pasti.
L’INDIPENDENTE – TRA I BAMBINI DI TUTTO IL MONDO AUMENTA LA MIOPIA
L’epidemia di miopia infantile sta colpendo bambini in tutto il mondo, accelerata dall’adozione della didattica a distanza durante la pandemia di Covid-19. La maggior parte dei bambini ha trascorso molto più tempo al chiuso, concentrandosi sui dispositivi digitali, il che ha portato a una trasformazione della forma dei loro bulbi oculari. Questo cambiamento ha migliorato la visione da vicino ma ha peggiorato la visione da lontano, causando una maggiore sfocatura e una minore distinzione degli oggetti. Gli esperti sostengono che la soluzione sia semplice: aumentare il tempo trascorso all’aperto durante l’infanzia, poiché è in questo periodo che si verificano i principali cambiamenti nella struttura degli occhi. Tuttavia, questa soluzione è difficile da attuare in società che favoriscono lavori al chiuso o che hanno accesso limitato a spazi verdi sicuri. Gli scienziati stanno studiando nuove tecnologie innovative per “portare l’esterno all’interno”, come aule di vetro, illuminazione speciale e carte da parati a tema naturale. Tuttavia, c’è ancora incertezza su quali fattori specifici dell’esposizione all’aperto aiutino effettivamente a prevenire la miopia. Alcune teorie suggeriscono che l’occhio si adatti alla sua forma in base a segnali visivi specifici, mentre altre ipotizzano che i benefici dell’esposizione all’aperto siano legati alla struttura del paesaggio. Gli studi dimostrano che aumentare la luce naturale negli ambienti didattici può ridurre l’incidenza di miopia, ma ci sono anche preoccupazioni riguardo ai costi e alla sicurezza. Altri approcci, come l’erogazione di luce diretta nel bulbo oculare o l’uso di dispositivi laser a bassa intensità, stanno guadagnando popolarità, anche se ci sono ancora dubbi sulla loro efficacia e sicurezza. Inoltre, l’introduzione di carte da parati personalizzate nelle aule scolastiche ha mostrato risultati promettenti nel ridurre l’allungamento degli occhi. È necessario considerare una serie di strategie diverse per sviluppare un metodo efficace per affrontare l’epidemia di miopia infantile in corso. La salute della vista dei bambini è una questione cruciale che richiede un’attenzione urgente e un impegno sociale significativo.
L’INDIPENDENTE – L’ITALIA HA IL SECONDO DATO PEGGIORE IN EUROPA PER NUMERO DI INFEZIONI CONTRATTE IN OSPEDALE
In Italia, nel periodo 2022-2023, circa 430 mila persone hanno contratto un’infezione durante un ricovero ospedaliero, rappresentando l’8,2% del totale, un dato significativamente superiore alla media europea di circa il 6,5%. Questo dato pone l’Italia al secondo posto per numero di infezioni ospedaliere in Europa, dopo il Portogallo, che ha registrato un tasso del 8,9%. Inoltre, l’Italia presenta una percentuale di utilizzo di antibiotici in ambiente ospedaliero pari al 44,7%, ben al di sopra della media comunitaria del 33,7%. La gravità della situazione è ulteriormente evidenziata dal fatto che un microrganismo su tre, tra quelli rilevati nelle infezioni ospedaliere contratte nel periodo considerato, era resistente agli antibiotici, riducendo così le possibilità di trattamento efficace dei pazienti. Secondo le stime, il 20% delle infezioni potrebbe essere prevenuto mediante l’attuazione di interventi relativamente semplici, come il lavaggio delle mani, ma anche interventi più complessi, come garantire un numero adeguato di camere singole e personale specializzato. Secondo Andrea Ammon, direttrice del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), le infezioni associate all’assistenza sanitaria rappresentano una sfida significativa per la sicurezza dei pazienti negli ospedali di tutta Europa. I recenti dati evidenziano l’urgente necessità di ulteriori azioni per mitigare questa minaccia. Il rapporto dell’ECDC indica che ogni anno, 4,3 milioni di pazienti ricoverati negli ospedali dell’UE/SEE contraggono almeno un’infezione associata all’assistenza sanitaria durante la loro permanenza in ospedale. In questo contesto, l’Italia registra uno dei peggiori dati dopo il Portogallo. La situazione è ulteriormente peggiorata dopo il periodo pandemico, con un aumento sia delle infezioni ospedaliere che dell’uso di antibiotici. Le infezioni più comuni sono state quelle del tratto respiratorio, seguite dalle infezioni del tratto urinario, del sito chirurgico, del flusso sanguigno e gastrointestinali. Riguardo agli antibiotici, si è registrato un aumento del loro utilizzo nel periodo 2022-2023 rispetto al periodo precedente. Nonostante ciò, almeno il 20% delle infezioni è considerato prevenibile attraverso l’adozione di misure igieniche adeguate e l’assicurazione di spazi adeguati per i pazienti ricoverati. L’implementazione di pratiche standardizzate negli ospedali europei è fondamentale per migliorare la conformità alle misure di prevenzione, specialmente per le infezioni virali respiratorie.
ADNKRONOS – IN EUROPA OGNI ANNO SI REGISTRANO 35 MILA MORTI PER ANTIBIOTICO RESISTENZA
Roberto Romizi, presidente dell’Associazione Medici per l’Ambiente (ISDE Italia), ha evidenziato che in Europa ogni anno si registrano 35.000 morti a causa dell’antimicrobico resistenza (AMR), corrispondenti a tre decessi al minuto. L’Italia, con circa 10.000 decessi all’anno, detiene il primato negativo in questo ambito. Nel 2019, quasi 5 milioni di morti nel mondo sono stati attribuiti all’AMR. Romizi ha sottolineato che l’AMR è fortemente correlata alla crisi climatica, alla perdita di biodiversità, all’inquinamento e allo spreco, tutti fenomeni guidati dall’attività umana e dai modelli di produzione insostenibili. L’OMS classifica l’AMR tra le principali minacce alla salute globale. Parlando durante un evento promosso da ISDE Italia in occasione delle Giornate Italiane Mediche dell’Ambiente, Romizi ha evidenziato l’urgente necessità di affrontare questa sfida. In Italia, su 100.000 abitanti, si registrano 1,7 morti evitabili per alcol, 6,2 per incidenti stradali, 32 per malattie cerebrovascolari e 18 per AMR. Questi dati sottolineano l’importanza di intervenire tempestivamente per contrastare questa minaccia alla salute pubblica.
ANSA – OGNI ANNO 2 MILIONI DI RICOVERI IMPROPRI: 6 MILIARDI DI EURO DI SPRECO
Ogni anno, nel Servizio Sanitario Nazionale, si registrano circa 2 milioni di ricoveri impropri, rappresentando uno spreco economico stimato intorno ai 6 miliardi di euro. Questo emerge da un’indagine condotta dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi), presentata nel corso del 29° congresso nazionale a Rimini. La comunicazione tra ospedali e servizi territoriali, come i medici di famiglia, è compromessa: solo nel 15% dei casi i medici territoriali vengono consultati quando un paziente viene ricoverato, mentre in oltre l’80% dei casi i pazienti arrivano in reparto senza che vi sia alcuna informazione sui loro trascorsi di salute. Questo blackout comunicativo ha delle pesanti conseguenze: circa il 30% dei ricoveri potrebbe essere evitato con una migliore presa in carico dei pazienti a livello territoriale. In termini numerici, si parla di 2 milioni e 250 mila ricoveri evitabili l’anno, con un costo medio di circa 3.000 euro per ricovero. Un altro dato significativo evidenziato dall’indagine della Fadoi riguarda la natura dei ricoveri impropri: circa il 20% di essi è di natura “sociale”, ovvero i pazienti potrebbero essere assistiti a casa se esistesse un servizio di assistenza domiciliare o una rete familiare in grado di accudirli. Inoltre, la mancanza di comunicazione tra ospedali e territorio contribuisce a una situazione in cui il 40% dei ricoveri in alcuni ospedali è causato dalla mancata presa in carico del territorio. Ciò indica che una migliore organizzazione dei servizi territoriali potrebbe ridurre significativamente la necessità di ricoveri ospedalieri. Un aspetto critico rilevato dall’indagine è l’aggiornamento del Fascicolo Sanitario Elettronico da parte dei medici di famiglia: solo il 20% di loro lo aggiorna regolarmente, il che compromette la comunicazione e la continuità delle cure tra ospedale e territorio. La riforma della sanità territoriale, con l’introduzione di ospedali e case di comunità, potrebbe rappresentare una soluzione, ma solo se accompagnata da regole chiare e precise sulle modalità di collaborazione tra queste strutture e gli ospedali. Tuttavia, secondo l’indagine, le disposizioni attuali non forniscono indicazioni sufficienti su questo aspetto, rendendo incerto il ruolo delle nuove strutture nel ridurre i ricoveri impropri.
ANSA – UNICEF: 11 MILIONI DI GIOVANI NELL’UE SOFFRONO DI DISTURBI MENTALI
Secondo l’Unicef, circa 11,2 milioni di bambini e giovani sotto i 19 anni nell’Unione Europea soffrono di disturbi mentali, rappresentando il 13% di questa fascia di età. Questa cifra comprende 5,9 milioni di maschi e 5,3 milioni di femmine. Tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni, l’8% soffre di ansia e il 4% di depressione. Un dato preoccupante è che il suicidio è la seconda causa di morte tra i giovani di 15-19 anni nell’UE, dopo gli incidenti stradali. Nel 2020, circa 931 giovani si sono suicidati in Europa, equivalente alla perdita di circa 18 vite a settimana. Sebbene la prevalenza del suicidio sia diminuita nel tempo nell’UE, con il 20% in meno nel 2020 rispetto al 2011, il problema rimane significativo. Circa il 70% dei giovani di età compresa tra i 15 e i 19 anni che si suicidano sono maschi. In Italia, tra il 2011 e il 2020, il 43% dei giovani tra i 15 e i 19 anni che hanno perso la vita per suicidio erano ragazzi e circa il 36% ragazze. È stato osservato che circa la metà di tutti i problemi di salute mentale a livello globale si manifesta entro i 18 anni, ma molti casi rimangono non diagnosticati e non trattati. L’accesso ai servizi per la salute mentale da parte dei bambini nell’UE è limitato, con evidenze che indicano che nel 2022 quasi la metà dei giovani tra i 18 e i 29 anni non ha avuto i propri bisogni di assistenza per la salute mentale soddisfatti. Gli investimenti nei servizi per la salute mentale sono modesti rispetto a quelli per la salute fisica. L’Unicef Italia ha consegnato al Ministro della Salute Orazio Schillaci oltre 21.000 adesioni raccolte per la petizione Unicef ‘Salute per la mente di bambini e adolescenti’, chiedendo azioni a sostegno del benessere psicosociale e della salute mentale degli adolescenti. Secondo le presidenti della Società Italiana di Psichiatria, Liliana Dell’Osso ed Emi Bondi, in Italia oltre 700.000 ragazzi soffrono di malattie mentali, con la depressione che è la principale causa di suicidio. Esprimono preoccupazione per il fatto che molti giovani, pur vivendo in un mondo iperconnesso, soffrono di solitudine e timore del giudizio riguardo alle malattie mentali. Incoraggiano i giovani a non sottovalutare i sintomi della depressione e a chiedere aiuto quando necessario.
PAGELLAPOLITICA – LA SPESA SANITARIA E’ SCESA NEL 2023
La spesa sanitaria in Italia ha subito una diminuzione nel 2023, a differenza delle previsioni del governo Meloni. Il nuovo Documento di economia e finanza (Def) ha rivelato che la spesa sanitaria è scesa a 131,1 miliardi di euro, in calo dello 0,4% rispetto ai 131,7 miliardi del 2022. Questo dato contrasta con la previsione della Nota di aggiornamento al Def (Nadef) dello scorso anno, che prevedeva una spesa sanitaria di 134,7 miliardi di euro per il 2023, con un aumento del +2,8% rispetto al 2022. Il calo della spesa sanitaria è dovuto principalmente a due fattori. Il primo è il mancato imputazione degli oneri per il rinnovo dei contratti del personale dirigente e degli accordi per il personale convenzionato con il Servizio sanitario nazionale per il triennio compreso tra il 2019 e il 2021. Questi oneri, non ancora perfezionati, sono stati spostati al 2024. Il secondo fattore riguarda una minore quantificazione delle spese sostenute dall’Unità per il completamento della campagna vaccinale e per l’adozione di altre misure di contrasto della pandemia, un organismo soppresso a luglio 2023, la cui sigla è “Uccv”. Nonostante il calo della spesa sanitaria nel 2023, il governo prevede un aumento per gli anni successivi. Nel 2024, la spesa sanitaria dovrebbe raggiungere i 138,7 miliardi di euro, pari al 6,4% del Pil. Nel 2025, la spesa dovrebbe aumentare a 141,8 miliardi, nel 2026 a 144,7 miliardi e nel 2027 a 147,4 miliardi, con un rapporto al Pil tra il 6,3 e il 6,2%. Il Def è un documento fondamentale per la politica economica del Paese, che fissa gli obiettivi e il quadro delle previsioni economiche e di finanza pubblica per il triennio successivo. Tuttavia, il documento approvato dal governo Meloni contiene solo le stime tendenziali, calcolate sulle norme attualmente in vigore, e non le stime programmatiche, che dovrebbero tenere conto delle nuove misure economiche che il governo intende adottare nei prossimi mesi. Questa scelta è stata motivata dal fatto che non sono ancora entrate in vigore le novità contenute nel nuovo Patto di stabilità, l’insieme delle regole fiscali che tutti gli Stati membri dell’Unione europea devono rispettare per mantenere in ordine i conti pubblici.
CORRIERE – TERAPIE ORMONALI SU MINORI TRANSGENDER SENZA FONDAMENTA SCIENTIFICHE
La dott.ssa Hilary Cass, ex presidente del Royal College of Pediatrics e autrice di quella che è stata definita la più grande revisione mai intrapresa nel campo dell’assistenza sanitaria per le persone transgender, non usa mezzi termini. La ricerca, pubblicata il 9 aprile scorso e prodotta dalla Commissione d’indagine Cass, ha rivisto la somministrazione delle terapie ormonali ai minori britannici che vogliono accedere ai servizi della gender clinic. “Possibile solo in circostanze eccezionali”, si sentenzia all’interno della “Cass Review”. A conclusione di un rapporto di 388 pagine, Cass mette in crisi la metodologia di assistenza fin qui adottata, che consiste nel fornire ormoni ai minori di 18 anni per arrestare la pubertà o per la transizione al sesso opposto. A partire dal 2011, migliaia di adolescenti hanno ricevuto “bloccanti” della pubertà, e le richieste dei giovani ai servizi per l’identità di genere britannici sono aumentate di cento volte in poco più di un decennio. L’età minima per essere sottoposti a questa terapia è intorno ai 16 anni e riguarda al momento poco meno di un centinaio di adolescenti. Le conclusioni sono importanti: si deve tendere a normalizzare la concezione del gender fluid, tenendo però a mente che la sessualità è mutevole e si definisce “definitivamente” solo nel tempo. Va bene superare gli stereotipi, ma bisogna anche valutare oculatamente gli effetti prolungati delle terapie ormonali, soprattutto sui giovani. “La mia revisione indipendente sui servizi di identità di genere per bambini e giovani adolescenti è pubblica. Nel condurre la revisione, ho scoperto che nella medicina di genere i pilastri scientifici sono costruiti su fondamenta traballanti”, spiega la dott.ssa Cass. Il rapporto raccomanda una transizione che “dia priorità alla terapia e consideri la possibilità che siano coinvolti altri problemi di salute mentale”. La dott.ssa Cass conclude che “per la maggior parte dei giovani, un percorso medico non è il modo migliore per gestire il proprio disagio legato al genere”. “Ho intrapreso questa revisione nella piena consapevolezza della natura controversa dell’argomento, della polarizzazione e tossicità del dibattito e della debolezza delle evidenze alla base della discussione scientifica”, si difende Cass, spiegando: “La cura di genere per i bambini e i giovani adolescenti è passata da un approccio di “vigile attesa” al trattamento con bloccanti della pubertà dallo stadio Tanner 2 per coloro che presentano incongruenze di genere a esordio precoce, seguiti da ormoni mascolinizzanti o femminilizzanti a partire dai 16 anni”. La revisione è stata lanciata mentre la Divisional Court stava prendendo in considerazione il caso Bell v Tavistock e quindi il tema se i giovani sotto i 18 anni avessero o meno la capacità di dare il consenso ai trattamenti endocrinologici. L’esperta, come riportato dal Daily Telegraph, ha criticato gli operatori del servizio sanitario nazionale inglese, in risposta a una revisione fondamentale sulle pratiche di cura di genere. La revisione afferma che i giovani sono “delusi” dalla mancanza di ricerche sull’uso dei bloccanti della pubertà. Ha chiesto, poi, che i servizi di genere corrispondano agli standard di altre cure del sistema sanitario nazionale britannico. “Ci sono poche altre aree dell’assistenza sanitaria in cui i professionisti hanno così tanta paura di discutere apertamente le loro opinioni, dove le persone vengono diffamate sui social media e dove gli insulti fanno eco a un comportamento simile al bullismo. Tutto ciò deve finire”, ha detto Cass, che nel suo rapporto rivela di essere “delusa dalla mancanza di prove sull’impatto a lungo termine dell’assunzione di ormoni fin dalla tenera età”. Il primo ministro Rishi Sunak ha risposto allo studio, affermando che i risultati “accendono i riflettori” sulla necessità di “esercitare estrema cautela” quando si tratta di cure simili per i bambini.
ANSA – VIA LIBERA ALLA CARTELLA SANITARIA ELETTRONICA ACCESSIBILE NELL’UE
Il Parlamento Europeo ha dato il via libera definitivo alla creazione della cartella sanitaria elettronica accessibile in tutta l’Unione Europea (UE), con l’obiettivo di migliorare l’efficienza delle cure e contribuire alla ricerca clinica. La normativa, che deve ancora essere approvata dal Consiglio dell’UE, entrerà in vigore venti giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’UE. Tuttavia, la piena applicazione del regolamento avverrà due anni dopo, con alcune eccezioni per l’uso primario e secondario dei dati, che si applicheranno rispettivamente 4 o 6 anni dopo, a seconda della categoria. Le nuove norme consentiranno ai cittadini di accedere ai propri dati sanitari in formato elettronico anche da altri Stati membri dell’UE e permetteranno agli operatori sanitari di consultare i fascicoli dei pazienti, previo consenso, da altri paesi dell’UE. Le cartelle cliniche elettroniche includeranno resoconti sui pazienti, prescrizioni elettroniche, immagini mediche e risultati di laboratorio. Uno degli obiettivi principali del regolamento è garantire una maggiore tutela della privacy. I cittadini potranno scaricare gratuitamente la propria cartella sanitaria, mentre i dati sanitari anonimizzati potranno essere condivisi per la ricerca, ad esempio sulle malattie rare. Tuttavia, l’uso commerciale dei dati sanitari non sarà consentito, e le decisioni sull’accesso ai dati saranno prese dagli organismi nazionali. La normativa prevede anche il coinvolgimento dei cittadini nell’utilizzo e nella consultazione dei propri dati sanitari. I pazienti avranno il diritto di rifiutare l’accesso da parte dei professionisti, tranne nei casi in cui ciò sia necessario per proteggere gli interessi vitali dell’interessato o di un’altra persona, e di richiedere la correzione di dati errati. Secondo i correlatori del Parlamento Europeo, lo Spazio europeo dei dati sanitari migliorerà l’accesso alle cure sanitarie per tutti i cittadini dell’UE. I medici potranno accedere alle cartelle cliniche dei loro pazienti in altri Stati membri, migliorando la qualità delle cure e risparmiando risorse. Nonostante l’approvazione del Parlamento Europeo, l’accordo deve ancora essere formalmente approvato dal Consiglio dell’UE. Una volta pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’UE, il regolamento entrerà in vigore venti giorni dopo, mentre la piena applicazione avverrà due anni dopo, con alcune eccezioni per l’uso primario e secondario dei dati.
ANSA – ISTAT: 4,5 MILIONI DI PERSONE RINUNCIANO A VISITE E ESAME MEDICI
L’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) ha pubblicato il Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile, evidenziando un aumento significativo nel numero di persone che rinunciano a visite mediche ed esami diagnostici in Italia. Nel 2023, circa 4,5 milioni di cittadini hanno dovuto rinunciare a queste prestazioni per motivi economici, liste d’attesa o difficoltà di accesso. Questo rappresenta il 7,6% della popolazione, in crescita rispetto al 7,0% del 2022 e al 6,3% del 2019. Il rapporto evidenzia un raddoppio della quota di coloro che rinunciano alle cure a causa delle liste d’attesa, passando dal 2,8% nel 2019 al 4,5% nel 2023. Sebbene la rinuncia per motivi economici sia rimasta stabile rispetto al 2019 (4,3%), si è registrato un aumento rispetto al 2022 (+1,3 punti percentuali). Inoltre, il rapporto rivela che l’emigrazione ospedaliera extra regionale è tornata ai livelli pre-Covid nel 2022, con l’8,3% dei ricoveri in regime ordinario per acuti. Le regioni come Basilicata, Calabria, Campania e Puglia registrano i maggiori flussi in uscita, non compensati da flussi in entrata. In Sicilia e Sardegna, l’indice di emigrazione ospedaliera è significativamente superiore all’indice di immigrazione ospedaliera. L’Istat sottolinea anche un aumento nella quota di anziani assistiti nell’Assistenza Domiciliare Integrata (Adi), passando dal 2,9% nel 2019 al 3,3% nel 2022. Tuttavia, vi è una forte variabilità territoriale, con il Nord-est che presenta la maggiore presa in carico di anziani fragili (6,2% nel 2021) e il Sud con la percentuale più bassa (2,8% nel 2021).
ANSA – IN 2 ANNI 32.500 POSTI IN MENO NEGLI OSPEDALI
Il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) italiano sta affrontando una crisi senza precedenti, con conseguenze gravi sulla capacità di assistenza e cura della popolazione. Secondo il Forum delle 75 Società Scientifiche dei clinici ospedalieri e universitari italiani (Fossc), i dati degli ultimi anni evidenziano una diminuzione significativa dei posti letto negli ospedali pubblici. Dal 2020 al 2022, sono stati tagliati ben 32.500 posti letto, lasciando un vuoto critico nella capacità di degenza ordinaria e in terapia intensiva. La situazione è ulteriormente aggravata dal massiccio esodo di personale medico dal sistema pubblico. Tra il 2019 e il 2022, oltre 11.000 medici hanno abbandonato le strutture pubbliche, mettendo a rischio ulteriormente la qualità e la disponibilità delle cure. Inoltre, la chiusura di 95 ospedali in Italia negli ultimi dieci anni ha ulteriormente limitato l’accesso ai servizi sanitari. Il Forum Fossc ha lanciato un appello urgente al governo per una riforma strutturale del Ssn e misure immediate per salvare il sistema sanitario universale. La situazione è resa ancora più critica dalla prevista pensionamento di migliaia di medici e infermieri entro il 2025, senza un adeguato rimpiazzo di nuovi professionisti. Molti giovani, formati a spese dello Stato, scelgono di emigrare all’estero in cerca di migliori opportunità e retribuzioni. La mancanza di risorse finanziarie è un altro ostacolo significativo. Sebbene il finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale sia aumentato in termini assoluti rispetto al 2021, è diminuito rispetto al PIL e non è stato sufficiente a coprire l’inflazione. Le risorse aggiuntive sono state in larga parte destinate a incrementi contrattuali minimi per il personale, trascurando l’urgente necessità di ampliare le strutture e assumere nuovo personale. La carenza di posti letto è particolarmente allarmante, con l’Italia che occupa il 22º posto nella graduatoria europea per il numero di posti letto disponibili. La media italiana è di soli 314 posti letto di degenza ordinaria per 100.000 abitanti, molto al di sotto della media europea di 550. Anche il numero di posti letto in terapia intensiva è nettamente inferiore rispetto ad altri paesi europei. Questa situazione critica ha gravi conseguenze sull’accesso alle cure e sulla qualità dell’assistenza sanitaria. Pazienti con condizioni gravi rischiano di non ricevere cure adeguate a causa della mancanza di posti letto in terapia intensiva o semintensiva. Il rischio di “desertificazione sanitaria” in alcune aree del Paese è diventato sempre più reale, mettendo a repentaglio la coesione sociale e la salute pubblica. In questo contesto, il dibattito sull’Autonomia Differenziata, che potrebbe ulteriormente dividere il Paese in due, con sistemi sanitari e livelli di assistenza diversificati tra Nord e Sud, è diventato ancora più urgente e controverso. Organizzazioni sindacali e società scientifiche chiedono azioni concrete e una maggiore attenzione alla salvaguardia e al potenziamento del Servizio Sanitario Nazionale per garantire cure e assistenza di qualità a tutti i cittadini.
ANSA – UN GIOVANE SU TRE AFFETTO DA MIOPIA
L’Ordinario di Oculistica all’Università Statale di Milano, Paolo Nucci, ha sollevato una preoccupante situazione riguardante l’aumento dei casi di miopia tra i giovani, specialmente quelli al di sotto dei 14 anni. Secondo quanto dichiarato durante il Congresso Nazionale della Società Italiana di Scienze Oftalmiche (Siso), il numero di ragazzi affetti da miopia è più che raddoppiato rispetto a dieci anni fa, con una stima attuale che indica che circa il 35% dei giovani di questa fascia d’età presenta questo problema. Nucci ha evidenziato che l’aumento repentino dei casi di miopia è stato osservato soprattutto negli ultimi due anni, il che ha portato a definire questa situazione come una “miopidemia” tra i giovani. Questo trend preoccupante è stato associato all’istruzione, poiché sembra che la miopia sia diventata un effetto collaterale dell’eccessiva esposizione a schermi e libri. Per contrastare questo problema, gli esperti raccomandano una sorveglianza epidemiologica accurata e interventi preventivi mirati. Si sottolinea l’importanza di trascorrere più tempo all’aria aperta, dove l’esposizione al sole può stimolare la produzione di dopamina, riducendo così il rischio di sviluppare la miopia. Le visite di screening dovrebbero diventare obbligatorie a partire dai tre anni di età, con l’obiettivo di identificare precocemente i casi di miopia e intervenire tempestivamente con terapie ottiche e farmacologiche per rallentarne l’evoluzione. Scipione Rossi, Segretario Siso e direttore dell’Unità Complessa di Oculistica dell’Ospedale S.Carlo di Nancy di Roma, ha sottolineato l’importanza di agire prontamente per evitare che la miopia si sviluppi ulteriormente. L’uso di lenti speciali per occhiali e colliri a base di atropina diluita può essere efficace nel bloccare la progressione della miopia, ma è fondamentale agire tempestivamente per evitare che questo problema si trasformi in una condizione permanente con conseguenze sociali significative.
GREENREPORT – SALUTE A RISCHIO: 8 MILIONI DI ITALIANI DI ETA’ SUPERIORE A 11 ANNI HANNO CONSUMATO ALCOLICI
Secondo l’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità, nel 2022 circa 8 milioni di italiani di età superiore a 11 anni hanno consumato alcolici in quantità che mettono a rischio la propria salute. Questo rappresenta il 21,2% degli uomini e il 9,1% delle donne. In particolare, tre milioni e 700 mila persone hanno bevuto al punto da ubriacarsi, mentre 770.000 hanno causato danni alla propria salute a causa del consumo di alcol, sia a livello fisico che mentale. I dati, elaborati dall’ONA-ISS attraverso il Sistema di Monitoraggio Alcol (SISMA) utilizzando le informazioni della Multiscopo ISTAT, evidenziano un aumento dei consumatori a rischio, soprattutto tra gli uomini. Questa tendenza rappresenta una sfida nel raggiungimento degli Obiettivi di Salute Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Secondo Emanuele Scafato, Direttore dell’ONA-ISS, la situazione richiede una rinnovata prevenzione nazionale e regionale per intercettare precocemente i consumatori a rischio e garantire cure a coloro che hanno subito danni a causa dell’alcol o che sono dipendenti da esso. Il quadro complessivo dei consumatori di alcol in Italia è significativo: 36 milioni di persone, corrispondenti al 77,4% degli uomini e al 57,5% delle donne, hanno consumato alcol. Di questi, 10 milioni e 200 mila italiani sopra i 18 anni hanno bevuto alcol quotidianamente. Preoccupano soprattutto i giovani, con circa 1,3 milioni tra gli 11 e i 24 anni, di cui 650.000 sono minorenni, e le donne, con circa 2,5 milioni di consumatrici a rischio tra le minorenni 11-17enni. Tra i dati preoccupanti, si evidenziano i 3,7 milioni di binge drinker, soprattutto uomini di tutte le età, e i 770.000 consumatori dannosi di bevande alcoliche. Solo l’8,2% di questi consumatori dannosi è stato intercettato clinicamente per il trattamento. I dati del sistema EMUR del Ministero della Salute mostrano un aumento del 12,1% negli accessi al Pronto Soccorso nel 2022, con 39.590 accessi registrati, di cui il 10,4% richiesto da minori.
QUIFINANZA – MANCANO MIGLIAIA DI MEDICI DI BASE IN TUTTA ITALIA
Un rapporto recente della Fondazione Gimbe ha rivelato una grave carenza di medici di base in Italia, con oltre 3100 professionisti mancanti rispetto al necessario. Questi dati, relativi a gennaio 2023, sollevano serie preoccupazioni sulla qualità dei servizi sanitari nel paese. Secondo l’Accordo Collettivo Nazionale, il numero massimo di assistiti per medico di base dovrebbe essere di 1500, ma nel 2022 ben il 47,7% dei medici ha superato questa soglia. L’imminente pensionamento di circa 11.400 medici aggiunge ulteriori preoccupazioni, poiché potrebbe portare a un vero e proprio esodo dalla professione. Questa situazione, se non affrontata adeguatamente, potrebbe avere gravi ripercussioni sulla salute dei cittadini, con conseguenze nefaste sulla qualità e l’accessibilità delle cure mediche. Le regioni del Nord Italia sono particolarmente colpite da questa carenza di medici di base. Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sono tra le più colpite, con numeri che evidenziano una situazione critica. La situazione è altrettanto preoccupante nel resto del paese, con la maggior parte delle regioni che registra una carenza di medici di base. La Fondazione Gimbe ha anche fornito dati sul numero medio di assistiti per medico di base nelle varie regioni italiane. La Provincia autonoma di Bolzano ha il numero più alto di assistiti per medico, con una media di 1646 pazienti per ogni professionista. Al contrario, la Basilicata presenta la situazione migliore, con una media di 1090 assistiti per medico. La questione dei pensionamenti dei medici di base è un’altra sfida che il sistema sanitario italiano deve affrontare. Il governo ha aumentato l’età pensionabile dei medici impiegati presso le strutture a 72 anni, ma per i medici di medicina generale il limite rimane a 70 anni. Questo potrebbe causare una significativa riduzione dei medici disponibili, soprattutto nelle regioni del Sud Italia. Inoltre, l’Associazione Religiosa Istituti Socio-Sanitari ha lanciato un allarme sulle liste d’attesa nel Servizio Sanitario Nazionale, prevedendo un raddoppio delle tempistiche con l’introduzione delle nuove tariffe.
RAINEWS – AUTOTISMO: IN ITALIA NE SOFFRE 1 BAMBINO SU 77
In Italia, l’autismo è un disturbo che colpisce un bambino su 77, con un esordio precoce solitamente tra i 14 e i 28 mesi di vita e una prevalenza maggiore nei maschi rispetto alle femmine, con un rapporto che varia tra 4:1 e 5:1. Questi dati emergono dalle più recenti linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità sulla diagnosi e il trattamento del disturbo dello spettro autistico in bambini e adolescenti. Il disturbo dello spettro autistico è caratterizzato da deficit persistente nella comunicazione e nell’interazione sociale, e la sua complessità deriva da una serie di cause ancora da chiarire completamente. Tuttavia, la letteratura scientifica recente suggerisce che vi sia una base genetica e/o l’associazione di fattori ambientali, tra cui infezioni contratte dalla madre in gravidanza, lo status immunologico materno-fetale, l’esposizione a farmaci o agenti tossici in gravidanza e l’età avanzata dei genitori al momento del concepimento. In occasione della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo, la Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) ribadisce l’importanza della diagnosi e del trattamento precoce del disturbo, nonché la necessità di fornire interventi abilitativi personalizzati per ogni bambino e ogni famiglia coinvolta. Secondo Elisa Fazzi, presidente della SINPIA e Direttore della U.O. Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza ASST Spedali Civili e Università di Brescia, la diagnosi precoce e l’intervento tempestivo sono cruciali per migliorare la prognosi e la qualità della vita dei bambini con autismo e dei loro caregiver. È fondamentale un approccio personalizzato che tenga conto dei bisogni specifici di ogni individuo e della sua famiglia. Tuttavia, nonostante i progressi nella diagnosi precoce e nella sensibilizzazione al disturbo, l’autismo continua a rappresentare una sfida significativa sia dal punto di vista sanitario che sociale ed economico. Massimo Molteni, Direttore Sanitario Centrale e responsabile Area Psicopatologia dello Sviluppo età-specifici presso l’Associazione La Nostra Famiglia, Irccs Eugenio Medea, sottolinea che i disturbi dello spettro autistico comportano un elevato carico per la società e il sistema sanitario. Negli ultimi anni, si è registrato un sensibile aumento della prevalenza dei disturbi dello spettro autistico a livello mondiale, tanto che alcuni hanno parlato di un’epidemia di autismo. Tuttavia, le ragioni di questo aumento non sono completamente chiare e potrebbero includere una maggiore sensibilità al problema e il cambiamento dei criteri diagnostici.
CORRIERE – FUMARE CANABIS PUO’ AUMENTARE IL RISCHIO DI ICTUS E INFARTI
Uno studio americano su oltre 430.000 persone ha evidenziato un’associazione tra il consumo frequente di cannabis e un aumento del rischio di eventi cardiovascolari, come infarti e ictus. Fumare cannabis ogni giorno è associato a un rischio più alto del 25% di avere un attacco di cuore e a un rischio maggiore del 42% di avere un ictus rispetto a chi non la usa. Anche un consumo meno frequente, seppur in misura minore, aumenta il rischio di eventi cardiovascolari. Lo studio, finanziato dal National Heart, Lung, and Blood Institute statunitense, ha preso in esame dati relativi a persone di età compresa tra 18 e 74 anni tra il 2016 e il 2020. I risultati sono rimasti simili anche dopo aver escluso i fattori di rischio cardiovascolare come il fumo di sigarette o e-cig, il consumo di alcol, l’obesità, il diabete e la sedentarietà. Le possibili cause di questa associazione non sono state completamente chiarite, ma gli scienziati ipotizzano che le tossine rilasciate dalla combustione della cannabis e l’interazione del THC con i recettori endocannabinoidi nel sistema cardiovascolare possano giocare un ruolo chiave. L’aumento del consumo di cannabis e la diminuzione del consumo di tabacco convenzionale rendono questa scoperta particolarmente importante. La cannabis, infatti, non è priva di rischi per la salute cardiovascolare, come erroneamente si potrebbe pensare. Oltre ai rischi per il cuore, l’uso problematico di cannabis è associato a un maggiore rischio di disturbi mentali come schizofrenia e psicosi. Lo studio, pur non essendo esaustivo, fornisce importanti informazioni sui rischi associati al consumo di cannabis e invita a una maggiore cautela. Inoltre, è uno studio osservazionale, quindi non è possibile stabilire un rapporto di causa-effetto tra cannabis ed eventi cardiovascolari. Sono necessari ulteriori studi per approfondire questa associazione e comprenderne i meccanismi alla base.
BRITISH MEDICAL JOURNAL – 41% DEI FARMACI ANTITUMORALI E’ PRIVO DI PROVE DI BENEFICIO AGGIUNTO
Uno studio pubblicato sul British Medical Journal rivela che il 41% dei farmaci antitumorali approvati dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) tra il 1995 e il 2020 manca di prove di beneficio aggiunto. La percentuale sale addirittura al 69% per i farmaci approvati attraverso percorsi accelerati, le cosiddette “fast track”. Lo studio è stato condotto da ricercatori dell’Università di Utrecht in Olanda. Hanno analizzato 458 farmaci antitumorali e hanno valutato il loro beneficio aggiunto in termini di sopravvivenza globale, di tempo libero da progressione di malattia e di qualità della vita. I risultati sono preoccupanti. Più di un terzo dei farmaci antitumorali in commercio non ha prove di reale efficacia nel migliorare la vita dei pazienti. E la situazione è ancora peggiore per i farmaci approvati con percorsi accelerati, che vengono immessi sul mercato sulla base di dati preliminari e spesso non confermati da studi successivi. Inoltre, lo studio evidenzia che i costi dei farmaci antitumorali sono in continua crescita. Si prevede che le spese globali per questi farmaci passeranno da 167 miliardi di dollari nel 2020 a 269 miliardi di dollari nel 2025. Alla luce di questi dati, gli autori dello studio chiedono di riconsiderare i criteri di approvazione dei farmaci antitumorali e di rafforzare i meccanismi di controllo. È necessario che i pazienti abbiano accesso solo a farmaci efficaci e sicuri, e che i costi non siano insostenibili per i sistemi sanitari
WIRED – IL PRIMO MODELLO DI CERVELLO UMANO FUNZIONANTE STAMPATO IN 3D
Un team di scienziati dell’Università del Wisconsin-Madison ha raggiunto un traguardo significativo: hanno stampato in 3D il primo modello di cervello umano funzionante. Utilizzando cellule staminali, i ricercatori sono riusciti a farle differenziare in neuroni e altre cellule del tessuto nervoso, creando una rete che si comporta come un vero tessuto cerebrale. Secondo quanto riportato nell’articolo pubblicato sulla rivista Cell Stem Cell, questo nuovo modello offre l’opportunità di studiare le comunicazioni tra le cellule cerebrali e di approfondire la comprensione di malattie neurodegenerative come Alzheimer e Parkinson. In passato, tentativi simili avevano incontrato difficoltà nel creare una rete funzionante di cellule cerebrali. Tuttavia, il team ha superato questa sfida utilizzando un gel biocompatibile come base per la stampa, consentendo alle cellule staminali di svilupparsi e connettersi senza problemi. Stampando gli strati di tessuto in modo orizzontale anziché verticale, hanno garantito un migliore accesso agli ossigeno e ai nutrienti. Il nuovo modello non sostituisce altri approcci già esistenti, ma li integra in modo complementare. Rispetto agli organoidi, per esempio, offre una maggiore semplicità e un controllo più preciso sul tipo di cellule inserite nel tessuto, consentendo tempi di produzione più rapidi. Su-Chun Zhang, coordinatore del progetto, ha sottolineato l’importanza di questa tecnologia per comprendere le dinamiche della rete cerebrale umana e per sviluppare strategie terapeutiche innovative. Oltre a fornire un’opportunità senza precedenti per lo studio delle comunicazioni neuronali, questo approccio potrebbe aprire la strada a nuove ricerche sulle malattie del cervello e alla valutazione di nuove terapie.
TODAY – SVILUPPATA UNA VARIETA’ DI RISO CHE INTEGRA CARNE COLTIVATA
Un gruppo di ricercatori sudcoreani ha sviluppato una nuova varietà di riso che integra la carne coltivata, con l’obiettivo di fornire un’alternativa nutrizionale sostenibile e accessibile. Questa innovativa creazione alimentare, descritta in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Matter, è rivestita con nanomateriali composti da enzimi di pesce e cellule bovine, conferendogli un colore rosa e un sapore che richiama la frutta secca. Il riso arricchito con carne coltivata presenta un profilo nutrizionale completo, con livelli leggermente superiori di grassi e proteine rispetto alle varietà tradizionali. Questo rende il prodotto particolarmente interessante per fornire un apporto proteico supplementare, soprattutto in contesti in cui la malnutrizione è diffusa. L’aspetto cruciale di questa innovazione è il suo potenziale impatto sui costi di produzione e sulla disponibilità di proteine. Il team di ricerca ha scoperto che la produzione di un chilogrammo di riso arricchito con carne coltivata costa significativamente meno dell’equivalente di carne bovina. Ciò potrebbe rendere questo alimento ibrido più accessibile nei paesi in via di sviluppo, dove l’insicurezza alimentare è una sfida importante. Nonostante le potenzialità di questa nuova tecnologia, l’industria della carne coltivata è soggetta a controversie politiche che ne ostacolano l’adozione su larga scala. Tuttavia, i ricercatori rimangono ottimisti sul potenziale impatto positivo del loro lavoro nel fornire una fonte sostenibile di proteine e nel mitigare l’impatto ambientale dell’industria zootecnica.
ANSA – NEL MONDO OLTRE UN MILIARDO DI OBESI
Secondo un’analisi pubblicata su The Lancet in occasione della Giornata Mondiale dell’Obesità, sono oltre un miliardo le persone colpite da obesità nel mondo, con un aumento costante dei numeri. I dati del 2022 indicano che ci sono 159 milioni di bambini e adolescenti obesi, mentre gli adulti obesi sono 879 milioni. Il direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, sottolinea l’importanza della prevenzione e del trattamento dell’obesità fin dalla prima infanzia. Egli enfatizza la necessità di interventi che includano dieta, attività fisica e cure adeguate, coinvolgendo governi, comunità e il settore privato. In Italia, l’obesità infantile è un problema rilevante, con il Paese al quarto posto in Europa per la prevalenza di sovrappeso e obesità tra i bambini. Questo dato è preoccupante anche perché l’obesità aumenta il rischio di diabete, con il 75%-80% dei bambini obesi che sviluppano un rischio elevato di diabete in età adulta. Il termine “diabesità” viene utilizzato per descrivere la stretta correlazione tra obesità e diabete. L’aumento dell’obesità tra bambini e adolescenti è particolarmente inquietante, soprattutto considerando che centinaia di milioni di persone nel mondo soffrono ancora di sottonutrizione. Tra il 1990 e il 2022, la percentuale di bambini e adolescenti obesi nel mondo è più che quadruplicata, con un aumento significativo sia tra le ragazze che tra i ragazzi. Questo trend si riscontra in quasi tutti i Paesi, evidenziando la necessità di migliorare l’accessibilità a cibi sani e nutrienti.
OPENPOLIS – L’INQUINAMENTO ATMOSFERICO E’ LA PRINCIPALE CAUSA DI MORTE PREMATURA
Il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione Europea hanno raggiunto un accordo politico provvisorio sul “Piano d’azione Zero Pollution”, volto a contrastare l’inquinamento atmosferico e garantire un ambiente più pulito e sano per i cittadini europei. L’inquinamento atmosferico rappresenta la principale causa ambientale di morte prematura nell’UE, con circa 300.000 decessi all’anno. Il piano proposto mira a raggiungere l’inquinamento zero entro il 2050, fissando obiettivi più ambiziosi per il 2030. Le nuove norme prevedono la riduzione dell’inquinamento atmosferico attraverso l’introduzione di criteri più severi per diversi inquinanti, come il particolato (PM2,5, PM10), il biossido di azoto (NO2) e il biossido di zolfo (SO2). Tra i principali cambiamenti, vi è la necessità di dimezzare i valori limite annuali per PM2,5 e NO2 entro il 2030. Inoltre, gli Stati membri dell’UE dovranno adottare piani per la qualità dell’aria entro il 2028 e implementare misure a breve e lungo termine per rispettare i nuovi valori limite proposti dal Parlamento. L’accordo include disposizioni per rendere gli indici di qualità dell’aria comparabili e accessibili al pubblico, nonché per garantire che i cittadini e le ONG ambientaliste possano adire le vie legali per contestare l’attuazione delle nuove norme a livello nazionale. L’Italia, con circa ottantamila morti prematuri attribuibili all’inquinamento atmosferico, è il primo paese in Europa per questo tipo di decessi, rendendo cruciale l’adozione di misure volte a migliorare la qualità dell’aria. L’accordo dovrà essere adottato sia dal Parlamento che dal Consiglio, dopodiché entrerà in vigore e i paesi dell’Unione avranno due anni di tempo per applicare le nuove regole.
ILPOST – ISTAT: MEDICI ITALIANI I PIU’ ANZIANI D’EUROPA
L’Italia si trova ad affrontare una situazione critica per quanto riguarda il personale medico: non solo i dottori italiani sono i più anziani d’Europa, ma nei prossimi due anni il problema è destinato ad aggravarsi. Secondo i dati ISTAT del 2021, il 55% dei medici italiani ha almeno 55 anni, contro una media europea del 44%. In specializzazioni chiave come cardiologia, ginecologia e chirurgia, la percentuale di over 54 supera addirittura il 50%. L’invecchiamento del corpo medico è il risultato di decenni di programmazione approssimativa da parte dei governi. Un “imbuto formativo” ha limitato l’accesso alle specializzazioni, mentre periodi di tagli alle risorse economiche hanno disincentivato la formazione di nuovi medici. La carenza di medici è aggravata dall’invecchiamento della popolazione, che richiederà un aumento di cure mediche. Per tamponare l’emergenza, il governo ha innalzato a 72 anni l’età pensionabile per i medici del SSN, ma questa soluzione non risolve il problema a lungo termine.
ADNKRONOS – SANITA’ E LISTE D’ATTESA: 2 ANNI PER UNA MAMMOGRAFIA E 3 MESI PER UNA VISITA URGENTE
Le liste d’attesa nel Servizio Sanitario Nazionale stanno diventando un incubo per i cittadini italiani, con tempi di attesa allarmanti per procedure diagnostiche e visite specialistiche. Secondo le segnalazioni raccolte da Cittadinanzattiva nel 2023, la situazione è critica: due anni per una mammografia di screening, tre mesi per un intervento urgente per tumore all’utero che avrebbe dovuto essere eseguito entro un mese, e due mesi per una visita ginecologica urgente, fissata entro 72 ore. Le prime visite specialistiche, che dovrebbero avvenire entro 10 giorni, presentano attese fino a 60 giorni, con segnalazioni di cittadini che denunciano ritardi anche per visite cardiologiche, oncologiche ed endocrinologiche. Le prestazioni diagnostiche non sono da meno, con pazienti costretti ad attendere 150 giorni per una mammografia e addirittura un anno per una gastroscopia con biopsia. Il problema delle liste d’attesa contribuisce alla crescita del numero di cittadini che rinunciano alle cure, fenomeno evidenziato dall’indagine Istat. Nel 2022, la quota di persone che hanno effettuato visite specialistiche è diminuita, e in alcune regioni, come nel Mezzogiorno, la riduzione raggiunge il 5%. L’indagine di Salutequità rivela un aumento del 7% nella rinuncia alle cure necessarie nel 2022 rispetto al 2019, con significative differenze regionali. La mancata utilizzazione di fondi stanziati per il recupero delle liste d’attesa aggravano ulteriormente la situazione.
ANSA – SCOPERTA PROTEINA CHE POTREBBE CURARE O ANCHE PREVENIRE IL TUMORE AL SENO
Un team di ricercatori dell’Università americana del North Carolina a Chapel Hill ha scoperto una proteina che potrebbe portare a nuove cure per il tumore al seno e perfino a prevenirlo. La proteina, chiamata Mre11, provoca la morte delle cellule malate prima che completino il processo di trasformazione in cellule tumorali. Ogni volta che una cellula tumorale si divide, subisce danni al proprio Dna. Queste cellule danneggiate sono solitamente percepite come minacce dall’organismo, che attiva un ‘sensore’ del Dna rovinato, chiamato cGAS. cGAS è in grado di chiamare a raccolta le cellule del sistema immunitario per scovare ed eliminare le cellule danneggiate. Tuttavia, cGAS viene solitamente tenuto ‘rinchiuso’, in uno stato sempre disattivato per impedirgli di scatenare risposte infiammatorie a meno che non sia assolutamente necessario. I ricercatori hanno scoperto che la proteina Mre11 è in grado di liberare cGAS dalla sua ‘prigione’. Quando questo accade, cGAS avvia una forma specializzata di morte cellulare chiamata necroptosi. La necroptosi è diversa da altre forme di morte cellulare perché innesca anche la risposta infiammatoria. Ciò significa che il sistema immunitario viene attivato e può così individuare e eliminare le cellule tumorali o quelle che stanno per diventare tali.
LIBEROQUOTIDIANO – OMS: DOLCIFICANTI ARTIFICIALI NON AIUTANO A DIMAGRIRE E AUMENTANO IL RISCHIO DI DIABETE
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) lancia un avvertimento contro l’uso dei dolcificanti non nutritivi, affermando che non offrono benefici a lungo termine nella riduzione del peso corporeo e potrebbero comportare effetti indesiderati come l’aumento del rischio di diabete di tipo II e malattie cardiovascolari. Basandosi su una revisione mondiale di studi, l’OMS sconsiglia l’uso di questi dolcificanti per dimagrire o prevenire l’aumento di peso, sottolineando la mancanza di valore nutrizionale e i potenziali rischi per la salute. L’Associazione Internazionale Dolcificanti ha contestato queste affermazioni, sostenendo che le aziende alimentari hanno già adottato misure per ridurre lo zucchero e che i dolcificanti sono utili contro l’obesità e per la prevenzione delle carie dentali. L’OMS ha ribadito che sostituire gli zuccheri con dolcificanti non zuccherini non aiuta a controllare il peso a lungo termine e invita a considerare alternative come il consumo di zuccheri naturali presenti nella frutta e alimenti senza aggiunta di zuccheri. L’attuale scontro tra OMS e l’Associazione mette in discussione l’uso di questi dolcificanti, lasciando la popolazione in sovrappeso o obesa a riflettere sulle loro scelte alimentari.
ILFATTOQUOTIDIANO – SCIENCE: FARMACO CONTRO L’OBESITA’ E’ SCOPERTA DELL’ANNO (2023)
È stata nominata la “Scoperta dell’Anno 2023” dalla rivista Science: una nuova classe di farmaci, gli agonisti del recettore GLP-1, ha rivoluzionato la lotta contro l’obesità. Inizialmente pensati per trattare il diabete, questi farmaci si rivelano una risorsa fondamentale per affrontare i problemi medici e sociali legati all’aumento di peso. L’obesità, una sfida globale in crescita, ha molteplici cause, tra cui fattori genetici, ambientali e sociali. Le conseguenze possono essere serie, portando a malattie cardiache, diabete, artrite e cancro. Molti trattamenti passati per l’obesità sono stati inefficaci o hanno generato critiche riguardo alla loro efficacia o al giudizio sociale sulla forza di volontà delle persone. Il 2023 segna una svolta, con gli agonisti del GLP-1 come nuova opzione terapeutica per la perdita di peso. Due importanti studi clinici hanno evidenziato che questi farmaci non solo aiutano a perdere peso ma hanno anche benefici significativi per la salute oltre alla riduzione di peso corporeo. Attualmente, due di questi farmaci, semaglutide e liraglutide, sono in circolazione, ma solo il secondo è approvato in Italia per il trattamento dell’obesità. Tuttavia, hanno costi elevati e effetti collaterali. Nuovi analoghi di GLP-1 potrebbero presto arrivare sul mercato. La giornalista Jennifer Couzin-Frankel, autrice dell’articolo su Science, sottolinea come questi farmaci stiano generando importanti conversazioni sulla percezione dell’obesità, mirando a ridurre il pregiudizio sociale e a cambiare il modo in cui viene affrontato il peso corporeo. Nonostante le promesse, gli agonisti del GLP-1 aprono nuove domande, mettendo in luce la complessità dell’obesità sia dal punto di vista medico che sociale.
ANSA – L’ABUSO DI ALCOL E’ RESPONSABILE DI 6MILA CASI DI CANCRO AL SENO ALL’ANNO IN ITALIA
Ogni anno in Italia, l’abuso di alcol è responsabile di 6000 casi di cancro al seno, costituendo l’11% delle nuove diagnosi. Il congresso dell’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) lancia l’allarme, sottolineando che l’etanolo è particolarmente dannoso per le donne. Il presidente Aiom, Saverio Cinieri, sottolinea la necessità di azioni mirate per aumentare la consapevolezza delle donne sui rischi. L’alcol stimola gli estrogeni, principali responsabili della crescita del 70% dei tumori al seno. Adottare uno stile di vita sano può ridurre del 37% il rischio di recidiva e del 58% il rischio di mortalità.
ANSA – IN ITALIA 11 MILA MORTI L’ANNO PER ANTIBIOTICO-RESISTENZA
Il presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, Rocco Bellantone, all’evento per la ‘Giornata Europea e Settimana Mondiale per l’uso prudente degli antibiotici’, ha sottolineato che in Italia si registrano oltre 11.000 morti l’anno a causa dell’antibioticoresistenza. Questo dato colloca il nostro Paese tra gli ultimi nella lotta a questo fenomeno. Bellantone ha evidenziato che l’allungamento della vita media, un positivo indicatore, contribuisce purtroppo ad aumentare tali numeri, poiché gli anziani con pluripatologie risultano essere più colpiti. Ha sottolineato la necessità di identificare nuove molecole, sottolineando l’importanza di una governance efficace e di risorse per attuare il piano per l’antibioticoresistenza 2022-25 del Ministero della Salute.