Revenge porn: cos’è, come funziona, in cosa consiste, come difendersi, reato di “Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti”
Revenge porn. Il fenomeno del revenge porn è stato individuato e studiato per la prima volta negli Stati Uniti (attualmente sono 45 gli Stati che hanno una legislazione in merito). Consiste nella diffusione di materiale pornografico in situazioni private e/o intime, senza il consenso della persona che viene rappresentata in quelle immagini e/o video. Si tratta di una forma avanzata di cyberbullisimo.
Il disegno di legge sul cosiddetto “revenge porn”, approvato in via definitiva il 17 luglio 2019, ha introdotto 2 nuovi reati:
- Il primo riguarda la diffusione di immagini e/o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone che hanno realizzato quei contenuti;
- Il secondo riguarda chi riceve quei contenuti e contribuisce alla loro ulteriore diffusione al fine di creare un danno alle persone rappresentate.
Revenge porn: significato
Qual è il significato di Revenge porn: è una locuzione di origine anglosassone. La parola “revenge” significa “vendetta” e la parola “porn” sta per “pornografia“. Unendo le due parole abbiamo “vendetta porno” o “porno-vendetta“.
Revenge porn: cos’è
Cos’è il revenge porn: (definito anche “pornografia non consensuale”, “abuso sessuale tramite immagini”, o dall’Accademia della Crusca “pornovendetta”), è l’atto di condivisione di immagini e/o video intimi di una persona senza il suo consenso.
Consiste, quindi, nella pubblicazione, o minaccia di pubblicazione (anche a scopo di estorsione), di immagini e/o video che mostrano persone impegnate in attività sessuali o ritratte in pose sessualmente esplicite, senza che ne sia stato dato il consenso dal diretto interessato, ovvero la persona o una delle persone coinvolte.
Revenge porn: come funziona
Come funziona il revenge porn: il contenuto viene linkato sulle pagine social della vittima, caricato su siti web tematici, caricato su pagine appositamente create, diffuso su sistemi di messaggistica. Poi, chi visualizza viene incoraggiato a commentare, condividere e scaricare.
Il contenuto viene inviato anche a familiari, amici e colleghi al fine di screditare ulteriormente la persona che ha realizzato quelle immagini o quei video. In questo caso si possono generare altri reati (ingiurie, minacce, stalking, estorsione e omicidio).
La condivisione di tali immagini produce umiliazione, lesione della propria immagine e della propria dignità, condizionamenti nei rapporti sociali e nella ricerca di un impiego.
Alcune vittime di revenge porn hanno riferito agli psicologi che l’impatto della diffusione su larga scala di immagini scattate privatamente può essere paragonato a quello di una vera e propria violenza sessuale.
Può trattarsi di selfie scattati dalla vittima e inviati all’ex partner, oppure di video e fotografie scattate in intimità con l’idea che dovessero rimanere nella sfera privata, oppure di scatti e riprese avvenuti di nascosto.
I contenuti intimi possono essere carpiti in vari modi:
- Auto riprendersi in pose intime (Sexting) e successivamente inviarli a terzi (invio di immagini, video o utilizzo della web cam);
- La ripresa di immagini intime durante un rapporto sessuale (con il consenso della vittima);
- La ripresa della vittima durante momenti intimi (rapporto sessuale, bagni pubblici, spogliatoi, ecc.) senza il consenso della vittima (con telecamere nascoste);
- Hackeraggio dello spazio cloud della vittima (icloud, gmail, microsoft space, ecc..), o del dispositivo dove sono contenuti le immagini (smartphone, laptop, ecc.).
Revenge porn: Legge
In cosa consiste la Legge e qual è la pena prevista per il reato di Revenge porn: le vicende di cronaca degli ultimi anni hanno animato il dibattito politico in materia di diffusione di contenuti intimi senza consenso. Così, nel settembre 2016, Forza Italia ha ritenuto necessario prendere posizione e punire il revenge porn tramite una norma ad hoc nel Codice penale destinata a perseguire la diffusione di immagini e video sessualmente espliciti.
Alla proposta sono seguiti vari disegni di legge:
- Il primo a firma Galeazzo Bignami (presentato in Parlamento il 9 gennaio);
- Il secondo a firma Enrico Aimi (presentato in Senato il 12 marzo);
- Il terzo a firma Sandra Savino (presentato in Senato il 5 marzo).
Infine, tra i vari ddl presentati con l’obiettivo di introdurre una fattispecie di reato ad hoc, è emerso quello a firma della senatrice del M5S, Elvira Evangelista, di cui è stato relatore il senatore leghista Andrea Ostellari.
I contenuti dei provvedimenti, sia quelli presentati da FI che quelli del M5s, sono risultati simili e hanno registrato una larga convergenza sia tra la maggioranza che tra l’opposizione.
E’ stato, così, aggiunto il cosiddetto “Codice Rosso” (modifiche al codice penale e al codice di procedura penale volte a tutelare le vittime di violenza domestica e di genere introdotte dalla Legge n. 69/2019). La legge ha introdotto nel codice penale, all’articolo 612-ter, una fattispecie ad hoc, volta a sanzionare il fenomeno del revenge porn.
La legge punisce: “chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde, senza l’espresso consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati – con – la reclusione da 1 a 6 anni e la multa da 5.000 a 15.000 euro“.
La legge punisce anche la condotta degli eventuali “condivisori” delle immagini diffuse dall’autore del reato. Quindi, la stessa pena si applicherà anche nei confronti di chi, avendo ricevuto le immagini o i video, li diffonderà a sua volta al fine di recare danno agli interessati.
La fattispecie è, inoltre, aggravata se il reato di pubblicazione illecita è commesso dal coniuge (anche separato o divorziato), ovvero da persona che è o è stata legata da una relazione affettiva alla persona offesa. Ulteriori aggravanti sono previste se i fatti sono commessi in danno ad una persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o a danno di una donna in stato di gravidanza.
Revenge porn: la situazione in Italia
Qual è la situazione in Italia sul Revenge porn: secondo un dossier del Servizio analisi della Direzione centrale della Polizia criminale, avvengono 2 episodi al giorno di revenge porn. A novembre 2020 sono in corso 1083 indagini. Inoltre, uno studio del 2018 realizzato dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza ha rilevato che il 6% dei giovanissimi (tra gli 11 e i 13 anni) invia abitualmente proprie immagini a sfondo sessuale per via telematica (con una prevalenza di ragazzine). Cresce al 19% (tra i 14-19 anni) il materiale intimo inviato. E, ancora, secondo un sondaggio realizzato del 2017, per molti adolescenti (soprattutto maschi) è normale filmarsi durante un rapporto sessuale e condividerlo con gli amici.
I giovanissimi, spesso, non hanno la percezione della gravità delle loro azioni (cioè, non pensano che il materiale potrà sempre essere reso pubblico, anche a distanza di anni, danneggiando la sfera affettiva e psicologica della persona protagonista di quei contenuti intimi).
La soluzione è semplice: se non ti riprendi o se rifiuti di farti riprendere non esiste materiale che ti riguarda, quindi nessuno potrà ricattarti o rovinare la tua reputazione. Rimane la possibilità che le immagini possano essere carpite illegalmente, ma nella maggior parte dei casi la “porno vendetta” si attua con l’inconsapevole collaborazione della vittima.
Grave è anche la situazione sui canali e i gruppi Telegram. L’app, infatti, non risponde alle segnalazioni della Polizia Postale, non chiude i canali segnalati, e non dà alle forze dell’ordine i dati per perseguire chi condivide il materiale illecito.
Revenge porn: consenso
Revenge porn e consenso alla diffusione di contenuti intimi: partendo dal presupposto che “tutto ciò che avviene privatamente deve rimanere privato” (salvo consenso), il reato, per sussistere, deve avere come oggetto il materiale che doveva “rimanere privato“, ma che invece è stato diffuso “senza il consenso delle persone rappresentate“.
Il consenso può essere esplicito, implicito, tacito (accettazione passiva alla ripresa ed alla successiva comunicazione), dato oralmente o per iscritto.
Esistono, però, dei cosiddetti “vizi del consenso” in relazione alla:
- Capacità (minore età, interdizione o inabilitazione, causa temporanea per malattia, infortunio, abuso di sostanze alcoliche o stupefacenti);
- Libertà (errore, violenza, dolo – art. 1427 c.c.);
- Consapevolezza (scopo della raccolta del dato, rectius ripresa, limiti alla sua comunicazione o diffusione).
Revenge porn: dubbi interpretativi
Revenge porn e i dubbi interpretativi della Legge:
- Se il consenso è stato dato, è possibile revocarlo dopo la diffusione del materiale intimo?
- L’imputato avrà l’onere gravoso di dover dimostrare di essere stato autorizzato alla diffusione?
- Ci sarà una presunzione in favore della vittima?
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