La paura del venerdì 17 (chiamata anche eptacaidecafobia) è una tradizione italiana e centra la numerologia
Si chiama eptacaidecafobia ed è la paura del Venerdì 17. Qualcuno si chiude in casa, altri escono con cornetti o zampe di coniglio nascosti in borsa, e con la certezza che qualcosa di nefasto capiterà. C’è chi si fa prendere la mano e preferisce rimandare eventuali decisioni importanti o eventi chiave della propria vita. Ad esempio, ti sposeresti di venerdì 17?
Solo l’Italia vanta la superstizione del venerdì 17. Nei paesi anglosassoni il giorno nero è il venerdì 13 in quanto fu di venerdì 13 ottobre che venne dato l’ordine dello sterminio dei templari.
In alcuni casi, il terrore del venerdì ha legami con il cristianesimo. Infatti, nel Vangelo c’è scritto che di venerdì morì Gesù (venerdì santo). Nell’Antico Testamento è scritto che il diluvio universale cominciò il 17 del secondo mese (Genesi, 7-11).
Nella Grecia antica il numero 17 era odiato dai seguaci di Pitagora in quanto era tra il 16 e il 18, perfetti nella loro rappresentazione di quadrilateri 4×4 e 3×6.
Caso vuole che proprio di 17 siano avvenute alcune grandi sconfitte della storia. A esempio, la battaglia di Teutoburgo del 9 d.C., combattuta tra i romani e i germani di Arminio, con la distruzione delle legioni 17, 18 e 19. Dopo quella battaglia, questi numeri, ritenuti infausti, non furono più attribuiti a nessuna legione.
Altri ritengono che la sfortuna del numero 17 derivi dal fatto che sulle tombe dei defunti dell’antica Roma era comune la scritta “VIXI” (“ho vissuto”, ora “sono morto“), che è l’anagramma di “XVII” il numero 17 nel sistema di numerazione romano.
Nella smorfia napoletana, il numero 17 è sinonimo di disgrazia ed è indicato con il simbolo dell’impiccato.
Eccezioni
Cristoforo Colombo non pensava che fare le cose di venerdì portasse male. Infatti, partì da Porto Palos un venerdì; mise piede sulla nuova terra di venerdì e rientrò di venerdì a Porto Palos.
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