L’espressione “parlare a vanvera” è largamente diffusa e di uso comune. Perché si dice così e qual è il significato
Perché si dice parlare a vanvera. L’espressione “parlare a vanvera” viene usata nel linguaggio comune per indicare “il parlare senza riflettere e senza stare attenti a quanto si dice o si fa“. Quindi, è un modo di dire utilizzato quando vogliamo riferirci a qualcuno che parla a caso, senza senso, senza riflettere, senza una logica, o senza fondamento.
Origine
L’espressione compare per la prima volta nel 1565 in un testo dello storico fiorentino Benedetto Varchi. Sulla provenienza del modo di dire, però, si sono fatte molte ipotesi.
Alcuni studiosi fanno notare che la radice di “vanvera” assomiglia a quella di “vano“. Altri, invece, ritengono che la parola derivi dal gioco della “bambàra“, una locuzione (forse di origine spagnola) con la quale s’intendeva una “perdita di tempo“. Infatti, in certe zone della Toscana si dica proprio “parlare a bambera“.
Oggi, però, gli etimologisti sono più propensi a credere che “vanvera” sia una variante di “fanfera”, una parola di origine onomatopeica che vuol dire “cosa da nulla“. Infatti, “fanf-fanf” riproduce il suono di chi parla farfugliando, senza dire niente di sensato.
Un altro modo di esprimere lo stesso concetto è la forma “dare aria alla bocca“. Infatti, l’aria è un elemento ricorrente quando si tratta di far capire a qualcuno che sta dicendo una sciocchezza. Il motivo risiede nel fatto che, fisiologicamente, l’aria ci serve sia per parlare, sia per espletare funzioni molto meno nobili.
Qui viene in gioco la “vanvera“, uno strano oggetto in voga nell’alta società veneziana del Settecento, usato dai signori che non volevano essere infastiditi da certi odori.
In quell’epoca, infatti, le dame usavano sfoggiare eleganti abiti alla moda e, soprattutto, quelle ingombranti gonne che, per mantenersi così ampie e voluminose, si appoggiavano su apposite strutture rigide a gabbia. L’intelaiatura teneva sopraelevato il tessuto e lasciava un certo spazio sotto la gonna. In questo spazio, a diretto contatto con la biancheria intima, entrava in gioco quella che venne chiamata “vanvera“, una specie di tubicino semi-elastico che terminava alla sua estremità con un piccolo palloncino. L’attrezzo veniva applicato sul sedere delle signore per fare in modo che durante i balli o le cene di gala le eventuali flatulenze non si liberassero nell’aria facendo fare una brutta figura alla gentildonna. Quindi, la “vanvera” era una specie di contenitore di “cattivi odori“.
Esisteva anche la versione fissa. I signori che non apprezzavano i cattivi odori nell’intimità della propria camera da letto, prima di mettersi sotto le coperte fissavano al proprio a sedere un tubo più lungo che rilasciava eventuali arie notturne direttamente fuori dalla finestra.
Il modo di dire, però, non deriva nemmeno da questo oggetto. Infatti, questo modo di dire (che esisteva già da tempo) è probabilmente una derivazione della parola “fanfara” (forse di origine francese) che indica un complesso di strumenti molto rumorosi. Quindi, fu la “vanvera” (che prima si chiamava “piritera”) che prese il nome dal modo di dire.
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