La mafia è un’organizzazione criminale con radici in Sicilia, Calabria e Campania sviluppata anche nel Nord Italia, in Europa e nel mondo
Cos’è la Mafia. La parola “mafia” ritorna quotidianamente nella polemica politica o giornalistica quotidiana, nelle inchieste giudiziarie, nella pubblicistica, nella fiction, negli studi dei sociologi, degli antropologi, dei giuristi, degli economisti e degli storici.
“La mafia“, come ricordava il giudice Giovanni Falcone, “è un fenomeno umano e sociale e in quanto tale è destinato a finire. E la Sicilia appare molto più reattiva, rispetto ad esempio alla Calabria. Tra l’altro, si tratta di un fenomeno certamente radicato ma tutto sommato ‘recente’, visto che è nato nell’Ottocento, non è un retaggio che si perde nella notte dei tempi. Come è nata, la mafia può anche morire“.
Cos’è la Mafia?
La mafia è un’organizzazione criminale con radici in Sicilia, Calabria e Campania sviluppata anche nel Nord Italia, in Europa e nel mondo. Le mafie è fatta di omertà e silenzio e si sviluppa meglio là dove la sua stessa esistenza viene ancora negata.
La caratteristica principale della mafia è quella di insinuarsi nella vita sociale ed economica del paese arrivando a stringere alleanze con la politica e con i funzionari dello Stato.
Ai mafiosi interessa il potere (soprattutto economico, ma non solo). Sono dediti al traffico di droga, d’armi, di esseri umani, alle estorsioni e ai commerci illeciti. Fanno affari con i politici per ottenere favori in cambio di voti. Chiedono il cosiddetto “pizzo” (una sorta di “tassa”) ai commercianti in cambio di “protezione“. Chi non paga rischia di perdere la propria attività o anche la vita. Infatti, la forza d’intimidazione esercitata dalle organizzazioni mafiose porta al silenzio, all’omertà, di associati e persone conniventi.
La mafia è anche definita “uno Stato nello Stato“, una “piovra” (come il nome di una vecchia serie tv) capace di penetrare in qualsiasi attività economica, per corromperla e inquinarla.
La “mentalità mafiosa” è uno dei problemi da combattere: è quella che predica la “legge dell’omertà” al posto della “solidarietà“, del “privilegio” al posto dell’”uguaglianza“, della “violenza” al posto della “pace“.
Dal 1982 l’associazione mafiosa rappresenta un reato specifico del Codice penale: viene punito il sistema di regole che costituisce il contro-potere mafioso, indipendentemente dalle realtà locali in cui si manifesta, dalle persone che lo rappresentano e dai singoli reati commessi dal gruppo criminale.
La storia della Mafia
Il termine “mafiusu” compare la prima volta nel 1863 in un dramma teatrale messo in scena a Palermo. Prima di allora la mafia veniva chiamata in maniera diversa a seconda della regione.
La storia della mafia viaggia, purtroppo, in parallelo alla storia ufficiale del nostro paese. Compare per la prima volta durante il Risorgimento, alla vigilia dell’unificazione del Regno d’Italia, per poi spostarsi negli Stati Uniti assieme ai nostri emigranti all’inizio del ‘900.
I grandi proprietari terrieri, per non perdere i terreni, ricorrevano all’intermediazione di gruppi mafiosi i quali diventarono sempre più potenti: imponevano ai contadini, sotto minaccia, il pagamento di una “tangente” (il “pizzo”) per scongiurare la distruzione dei raccolti e l’uccisione del bestiame. I mafiosi giunsero a controllare tutte le campagne, poi le zone urbane e, infine, diventano protagonisti del gioco politico.
Negli anni ’70 la mafia diventò di tipo industriale e negli anni ’80 finanziaria. Quindi, seppe riconvertire i suoi traffici criminosi in nuove attività, mantenendo la mentalità del privilegio, della violenza e del ricatto.
Negli anni ’70 e ’80 crebbe pericolosamente al passo dell’economia mondiale e in poco tempo diventò così potente da tenere in scacco le vette del potere politico.
Molti vennero uccisi per bloccare le indagini o per punirli di aver firmato ordini di cattura nei confronti di mafiosi. Tra questi il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, prefetto di Palermo assassinato insieme alla seconda moglie. Il culmine della violenza arrivò il 1992, con gli attentati a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Giovanni Falcone fu ucciso insieme alla moglie e a 3 uomini della sua scorta (Capaci, 23 maggio 1992). Paolo Borsellino fu ucciso insieme a 5 agenti della scorta (Palermo, 19 luglio 1992).
Cosa Nostra
In Sicilia, la mafia si chiama “Cosa Nostra” e nasce agli inizi del 1800. E’ molto organizzata: ha i cosiddetti “uomini d’onore” (chi non tradisce, chi non parla, è chiamato così) che si occupano di compiere omicidi o di chiedere il “pizzo“. I capi fanno parte della cosiddetta “cupola” (una commissione che regola tutti gli affari).
Tra il 1875 e il 1876, una commissione parlamentare e un’indagine privata dei deputati Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino svelarono l’esistenza dei 2 poteri contrapposti in Sicilia (quello statale e quello della “prepotenza privata”).
Misero in evidenza l’organizzazione della mafia in cosche e la sua presenza attraverso protezioni ed estorsioni, nei luoghi di produzione della ricchezza (come agrumeti e solfatare). In quel contesto, nel 1893, venne ucciso, a bordo di un treno che viaggiava da Termini Imerese a Palermo, l’ex direttore del Banco di Sicilia Emanuele Notarbartolo. Come mandante del delitto fu accusato un suo noto avversario, il deputato Raffaele Palizzolo, che venne processato, condannato, ma infine assolto grazie alle protezioni di cui poté godere.
Nello stesso periodo, il questore di Palermo, Ermanno Sangiorgi, firmò rapporti di polizia nei quali descriveva la dislocazione delle cosche sul territorio, ne indicava i capi e i principali delitti. I rapporti, inviati al governo di Roma, non sortirono alcun effetto.
Sempre in quel periodo, gli italiani, a causa della povertà, emigrarono verso l’America. Negli Stati Uniti svilupparono delle organizzazioni criminali con dei capimafia. Uno dei più famosi fu Al Capone. Era italiano (campano). Joe Petrosino (anche lui campano) fu l’eroico poliziotto di New York che con una squadra speciale di agenti riuscì a combattere la mafia italo-americana e a rispedire in Italia circa 500 criminali.
Durante il ventennio del regime fascista venne inviato in Sicilia il prefetto Cesare Mori, al quale fu concessa carta bianca per la repressione del fenomeno mafioso. La sua attività provocò molti arresti, ma non riuscì a sradicare il sistema di potere delle cosche.
Nel dopoguerra furono usati per fermare le rivolte dei contadini che chiedevano la proprietà delle terre che coltivavano. Il 1 maggio 1947, a Portella della Ginestra, vicino ad un paese che si chiama Piana degli Albanesi, avvenne la prima strage di mafia: furono uccisi giovani contadini, donne e persino bambini.
Camorra
In Campania la mafia si chiama Camorra. E’ molto radicata in questa regione. Ha creato dei veri e propri “sistemi criminali” che sfruttano la povertà delle persone nelle periferie della città più importanti. Si occupa dello spaccio di droga, del traffico d’armi, del “pizzo“, di rapine e negli ultimi anni di traffico di rifiuti illeciti (la cosiddetta “ecomafia”).
‘Ndrangheta
In Calabria la mafia si chiama ‘Ndrangheta. Oggi, però, è diffusa anche in altre regioni d’Italia e all’estero. E’ organizzata in “‘ndrine” (sono presenti in ogni comune e sono formate da famiglie che prevedono un vero e proprio rito per entrarne a far parte). E’ la più ricca delle mafie, grazie al traffico di droga e al potere in alcuni comuni.
Sacra Corona Unita
In Puglia la mafia si chiama Sacra Corona Unita. Per entrare a farne parte serve un “giuramento“.
Le guerre di mafia
La prima guerra di mafia
All’inizio degli anni ’60 del secolo scorso si accese la cosiddetta “prima guerra di mafia“. In un conflitto nato da sospetti di truffa su un traffico di droga con gli Stati Uniti vennero eliminati alcuni capicosca dei diversi schieramenti. Poi, ci fu la “strage di Ciaculli” (30 giugno 1963) in cui morirono 7 uomini delle forze dell’ordine. Infine, la “strage di viale Lazio a Palermo” (10 dicembre 1969) che provocò 5 vittime nello scontro tra 2 opposte fazioni di Cosa nostra.
La seconda guerra di mafia
Alla fine degli anni ’70 si accese la cosiddetta “seconda guerra di mafia“. Le 2 “famiglie” contrappose erano quella dei Corleonesi (guidata da Salvatore Riina e Bernardo Provenzano) a quella che aveva governato Cosa nostra fino a quel momento (Stefano Bontate, Gaetano Badalamenti, Salvatore Inzerillo e altri).
La lotta per il controllo della fonte di ricchezza costituita dal traffico di droga si aggiunse a quella per la gestione dei tradizionali metodi di arricchimento (gli appalti e le estorsioni), e provocò centinaia di morti.
Cosa nostra scatenò anche un vero e proprio attacco contro le istituzioni in Sicilia (in particolare a Palermo), colpendo le persone che ostacolavano il sistema di potere mafioso. Tra il 1979 e il 1982 vennero assassinati nel capoluogo siciliano i responsabili locali dei 2 principali partiti (Democrazia cristiana e Partito comunista italiano), il presidente della Regione, il poliziotto a capo della squadra mobile, un capitano dei carabinieri, il procuratore della Repubblica, il giudice istruttore responsabile delle principali indagini, il prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa (3 settembre 1982).
Fu all’indomani di quest’ultimo delitto che venne inserito il reato di associazione mafiosa, oltre alla norma che consente il sequestro e la confisca dei beni dei condannati per quel reato.
Nel 1983 vi fu l’uccisione del consigliere istruttore di Palermo Rocco Chinnici. Il suo successore, Antonino Caponnetto, decise di proseguire l’opera avviata da Chinnici coordinando un pool di giudici (nel quale spiccavano Giovanni Falcone e Paolo Borsellino) che riuscì finalmente a incidere sull’organizzazione mafiosa grazie alla collaborazione del pentito Tommaso Buscetta, il quale tradì l’omertà che vigeva tra mafiosi e svelò per la prima volta il sistema di regole che governa Cosa nostra.
L’organizzazione della cupola mafiosa
- Alla base dell’organizzazione mafiosa c’è la “famiglia“, costituita dai singoli “uomini d’onore” associati per cooptazione e coordinati da un “capodecina“, che agisce su un determinato territorio.
- Se la “famiglia” è numerosa ci sono più “capidecina” che fanno riferimento a un unico “rappresentante“.
- 3 o più “famiglie” contigue per territorio costituiscono un “mandamento“, di cui è capo uno dei “rappresentanti“.
- I “capimandamento” a loro volta si riuniscono nella “commissione provinciale” (o “cupola”).
- La mafia prevedeva anche una “commissione regionale“, ma l’egemonia su Cosa nostra è stata sempre esercitata dai “capimafia” della provincia di Palermo.
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