La Russia è la prima produttrice di gas al mondo e l’Ucraina stava per diventare uno dei maggiori fornitori di litio dell’UE
Perché dipendiamo così tanto (dal punto di vista energetico) da Russia e Ucraina? La Russia, con 37,39 trilioni di tonnellate di gas stipate nel sottosuolo, è la prima produttrice di gas al mondo. L’economia russa, infatti, si basa principalmente sull’estrazione e sull’esportazione di risorse naturali. La Russia, però, è parzialmente dipendente dal sistema di trasporto del gas ucraino (GTS) e non ha il pieno controllo delle sue relazioni energetiche con l’UE.
Fino al 2006, i 2/3 di tutti i ricavi della multinazionale russa Gazprom (controllata dal Governo della Federazione Russa) provenivano dalle vendite di gas che attraversa l’Ucraina (attraversamento che ancora oggi genera tasse di passaggio per il 4% del Pil ucraino). Per eliminare questi costi, dal 2004 la Russia sta costruendo nuovi gasdotti (progettati per aggirare l’Ucraina e consentirle più libertà nei rapporti con l’Occidente).
La costruzione del primo gasdotto Nord Stream è iniziata nel 1997 al fine di trasportare il gas naturale russo dalla Russia alla Germania (sotto il mar Baltico) senza attraversare i Paesi Baltici, i paesi del Gruppo di Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia e Ungheria), la Bielorussia e l’Ucraina.
Attraverso Nord Stream il gas che parte dalla Russia arriva alla Germania attraverso il Mar Baltico e questo, dal 2012, ha ridotto il ruolo del GTS ucraino per le esportazioni di energia russa nell’UE fornendo, come scritto nell’articolo “Ukraine’s Low-Carbon Gas Potential and the European Union” dell’Harvard international review.
Anche il gasdotto Nord Stream 2 serve alla Russia per avere avere più libertà nelle relazioni energetiche con l’Europa. L’infrastruttura è costata 12 miliardi di dollari e segue lo stesso percorso del Nord Stream 1. Il gruppo russo Gazprom ha una partecipazione di maggioranza nel progetto da 10 miliardi di euro (12 miliardi di dollari). Nell’azionariato della società che lo gestisce ci sono anche le compagnie tedesche Uniper e Wintershall, la francese Engie, l’anglo-olandese Shell e l’austriaca Omv. La società possiede anche il 51% del gasdotto originale Nord Stream.
Gli Stati Uniti, però, si sono da sempre opposti al progetto del Nord Stream 2. Temevano che, una volta concluso il gasdotto, il blocco europeo sarebbe diventato fortemente dipendente dalla Russia dal punto di vista energetico.
Anche l’Ucraina è sempre stata contraria al Nord Stream 2. Il Ministro degli affari esteri dell’Ucraina, Dmytro Kuleba, ha sostenuto che se il Nord Stream 2 fosse stato completato, avrebbe minato la sicurezza nazionale dell’Ucraina. “Nel caso in cui la costruzione sarà completata, non ci sono dubbi che la Russia userà il progetto come strumento per spingere i suoi interessi geopolitici, anche nell’ambito del formato Normandia e nel Gruppo di contatto trilaterale. È una minaccia alla sicurezza di tutta l’Europa“.
Il litio
L’Ucraina, prima dell’inizio dell’invasione russa, stava per diventare uno dei maggiori fornitori di litio a dell’UE. Il litio è, ad esempio, un materiale indispensabile per produrre le batterie delle auto elettriche. Il litio, però, nel corso del 2021 ha quintuplicato il suo valore arrivando alla media di 76.700 dollari a tonnellata (nel 2021 veniva scambiato a 13.400 dollari la tonnellata).
Il governo di Zelensky aveva firmato un’alleanza strategica per fornire il prezioso materiale alla Ue il 13 luglio del 2021. Nello stesso anno, però, l’Ucraina aveva iniziato a mettere all’asta i permessi di esplorazione per sviluppare le sue riserve di litio e nel novembre 2021 la società australiana European Lithium aveva dichiarato come prossima la chiusura di un accordo per assicurarsi i diritti su 2 promettenti giacimenti di litio scoperti negli anni ’80 e ’90.
Quindi, attraverso il litio, l’Ucraina stava per diventare cruciale nel mercato dell’energia pulita, divenendo 1 dei 5 Paesi maggiori fornitori di litio al mondo (insieme a Cina, Australia, Cile e Congo).
La dipendenza europea dalle fonti energetiche russe e ucraine
L’UE dipende dalle importazioni di combustibili fossili (gas, petrolio e carbone) per un fabbisogno energetico tra il 57% e il 60%.
Negli ultimi anni la produzione interna di fonti energetiche rinnovabili è aumentata ma il calo della produzione europea di carbone, lignite e gas fa sì che l’UE continui a dipendere dalle importazioni di gas (90% del consumo), petrolio (97%) e carbon fossile (70%).
Nel 2021 la Russia ha fornito circa il 45% delle importazioni totali dell’UE. Gli altri grandi fornitori dell’UE sono stati Norvegia (23%), Algeria (12%), Stati Uniti d’America (6%) e Qatar (5%).
La Russia è anche il principale fornitore delle importazioni UE di greggio (27%), seguita da Norvegia (8%), Kazakistan (8%) e Stati Uniti d’America (8%).
Lo stesso discorso vale per il carbon fossile (46%), seguita da Stati Uniti d’America (15%) e Australia (13%).
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