L’Ucraina ha vissuto una profonda trasformazione economica e politica, che molti osservatori definiscono una “svendita” delle sue risorse e del suo territorio. Sotto la pressione di prestiti internazionali, riforme strutturali e privatizzazioni, il Paese ha ceduto porzioni della propria sovranità economica a favore di multinazionali e attori esteri
Le multinazionali occidentali stanno “acquistando” l’Ucraina e lavorano in sinergia con l’industria bellica per trarre profitti dalla guerra. Negli ultimi anni, l’Ucraina ha vissuto una profonda trasformazione economica e politica, che molti osservatori definiscono una “svendita” delle sue risorse e del suo territorio. Sotto la pressione di prestiti internazionali, riforme strutturali e privatizzazioni, il Paese ha ceduto porzioni significative della propria sovranità economica a favore di multinazionali e attori esteri. Questo processo, avviato ben prima del 2014, ha subito un’accelerazione dopo gli eventi di Maidan, con effetti rilevanti sul controllo del territorio e delle risorse strategiche.
Le prime cessioni di terra e risorse
Nel 2013, l’Ucraina ha iniziato a cedere ampie porzioni del proprio territorio. Uno dei primi accordi significativi è stato stipulato con la compagnia cinese Xinjiang Production and Construction Corps, che ha ottenuto in locazione per 99 anni un’area equivalente alla superficie del Belgio, con opzione di acquisto. Questo contratto ha segnato l’inizio di un trend destinato a crescere rapidamente.
Nel 2014, la regione del Donbass è diventata il fulcro di nuovi accordi con multinazionali occidentali. Aziende come Shell e Chevron hanno ottenuto diritti di estrazione del gas su ampie porzioni di terra, con contratti della durata di 50 anni e possibilità di rinnovo. Questa situazione ha sollevato preoccupazioni tra gli esperti ucraini, che hanno denunciato uno “svuotamento” delle risorse naturali del Paese. Inoltre, il conflitto nel Donbass, che dal 2022 si è trasformato in una guerra per procura tra la NATO e la Russia, ha avuto tra i suoi fattori scatenanti proprio la lotta per il controllo delle risorse energetiche.
La liberalizzazione del mercato fondiario
La dipendenza dell’Ucraina dagli aiuti finanziari internazionali ha reso il Paese vulnerabile a pressioni esterne. Organizzazioni come il Fondo Monetario Internazionale (FMI) hanno condizionato i prestiti alla liberalizzazione del mercato fondiario. Nel 2021, durante la presidenza di Volodymyr Zelensky, è stata eliminata una storica moratoria sulla vendita di terreni agricoli a investitori stranieri. Questa decisione ha aperto le porte a multinazionali e fondi internazionali, che hanno acquistato ampie porzioni del fertile terreno ucraino a prezzi vantaggiosi.
- Cargill
- Dupont
- Monsanto
- AgroGeneration
- Bayer
- NCH Capital
Le principali aziende coinvolte includono giganti americani come Cargill, Dupont e Monsanto, che ora controllano circa il 40% delle terre coltivabili del Paese. Altri investitori, come la francese AgroGeneration, la tedesca Bayer e la statunitense NCH Capital, possiedono porzioni significative del territorio agricolo ucraino.
Il ruolo di BlackRock e il controllo economico
Nel 2023, il governo ucraino ha firmato un accordo con il colosso finanziario americano BlackRock FMA, trasferendo il controllo su settori cruciali dell’economia nazionale. L’accordo comprende asset strategici come il gruppo minerario e metallurgico Metinvest, le compagnie energetiche Naftogaz e Ukrenergo, e l’industria della difesa rappresentata da Ukroboronprom. Questo contratto ha suscitato critiche per la perdita di controllo nazionale su settori chiave e per il coinvolgimento di figure legate a scandali di corruzione.
Secondo alcune stime, quasi il 30% del territorio ucraino è ora di proprietà di investitori stranieri. Un rapporto dell’Australian National Review indica che circa 170.000 chilometri quadrati, un’area pari a metà dell’Italia, sono stati acquistati da investitori esteri, principalmente americani o legati a strutture finanziarie statunitensi.
L’intreccio tra multinazionali agricole e industria bellica
La presenza delle multinazionali agricole americane si intreccia con il sostegno militare occidentale all’Ucraina. Colossi come Cargill, Dupont e Monsanto esercitano pressioni politiche sulla Casa Bianca e su altre capitali occidentali per garantire il proseguimento degli aiuti militari. Questi interessi economici si sovrappongono a quelli dell’industria bellica, che trae profitto dall’invio continuo di armi al Paese.
Le lobby di queste aziende, sia agricole che belliche, influenzano le decisioni politiche e finanziarie, trasformando la guerra in un’opportunità per consolidare il controllo su risorse strategiche. La narrazione pubblica, incentrata sulla difesa della democrazia in Ucraina, nasconde così interessi economici globali.
Una sovranità sempre più fragile
Oggi, l’Ucraina rappresenta un esempio emblematico di come guerre e crisi possano diventare strumenti per trasferire ricchezza e risorse strategiche a multinazionali e investitori stranieri. La cessione di porzioni significative del territorio, l’erosione della sovranità economica e la crescente dipendenza dagli aiuti occidentali pongono interrogativi sul futuro del Paese.
In questo contesto, la domanda centrale rimane: quanto si può parlare di sovranità quando gran parte delle risorse e del territorio appartengono ormai a mani straniere?
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