Come funziona l’autotutela contro l’Agenzia delle Entrate

L’autotutela è un meccanismo che consente all’Agenzia delle Entrate di correggere eventuali errori commessi e di annullare atti illegittimi su segnalazione del contribuente. Quando il Fisco riconosce di aver commesso un errore, può decidere autonomamente di “fare un passo indietro” senza attendere l’ordine di un giudice

Come funziona l’autotutela contro l’Agenzia delle Entrate

Come funziona l’autotutela contro l’Agenzia delle Entrate. L’autotutela è un meccanismo che consente all’Agenzia delle Entrate di correggere eventuali errori commessi e di annullare atti illegittimi su segnalazione del contribuente. L’obiettivo è evitare lunghi e costosi contenziosi legali. In sostanza, quando il Fisco riconosce di aver commesso un errore, può decidere autonomamente di “fare un passo indietro”, correggendo la situazione senza attendere l’ordine di un giudice.

Di seguito verrà spiegato in dettaglio cos’è e come funziona l’autotutela, come presentare una richiesta, entro quali termini farlo e in quanto tempo l’ufficio è tenuto a rispondere.

Le nuove regole sull’autotutela

L’autotutela è stata riformata con il decreto legislativo 219/2023, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 2 del 3 gennaio 2024 ed entrato in vigore il 18 gennaio 2024. Questo decreto ha apportato modifiche alla legge 212/2000, lo Statuto dei diritti del contribuente, introducendo nuove regole per l’autotutela.

Tra le novità principali ci sono due nuovi articoli:

  • Articolo 10-quater: Esercizio del potere di autotutela obbligatoria.
  • Articolo 10-quinquies: Esercizio del potere di autotutela facoltativa.

L’Agenzia delle Entrate ha inoltre pubblicato la circolare n. 21 del 7 novembre 2024, per chiarire le nuove regole e renderle più accessibili a cittadini e professionisti.

Cos’è l’autotutela?

L’autotutela può essere esercitata in due forme:

  • Autotutela obbligatoria: l’Agenzia è obbligata ad annullare un atto manifestamente illegittimo, anche senza richiesta del contribuente.
  • Autotutela facoltativa: l’Agenzia può decidere di annullare un atto non manifestamente illegittimo, se lo ritiene inopportuno o ingiusto.
Come funziona l’autotutela obbligatoria?

L’autotutela obbligatoria è un dovere che consente all’Agenzia delle Entrate di correggere autonomamente errori evidenti nei propri atti, anche se il contribuente non se ne è accorto o non ha presentato ricorso. In pratica, l’Agenzia riconosce l’errore e interviene dicendo: “Oops, ho sbagliato! Rimedio subito!”.

L’annullamento degli atti, totale o parziale, può avvenire in qualsiasi momento, anche se è in corso un giudizio, nei seguenti casi:

  • Errore di persona: ad esempio, l’atto è stato notificato a un omonimo invece che al contribuente corretto.
  • Errore di calcolo: ad esempio, viene chiesto di pagare 10.000 euro invece di 1.000 per un errore di digitazione.
  • Errore sull’individuazione del tributo: ad esempio, viene richiesta un’imposta errata.
  • Errore materiale del contribuente: ad esempio, se nella dichiarazione dei redditi viene dichiarato un milione di euro anziché mille, facilmente riconoscibile come errore.
  • Errore sul presupposto dell’imposta: ad esempio, viene chiesto il pagamento per un immobile già venduto l’anno precedente.
  • Mancata considerazione di pagamenti effettuati: ad esempio, il contribuente ha già pagato ma il Fisco non lo ha registrato.
  • Mancanza di documenti successivamente sanata: ad esempio, il contribuente presenta i documenti mancanti entro i termini di legge.
Chi può richiedere l’autotutela obbligatoria e come si presenta?

L’autotutela può essere avviata:

  • Dal contribuente, presentando un’istanza.
  • D’ufficio dall’Agenzia, senza richiesta del contribuente.

L’istanza deve essere inviata all’ufficio che ha emesso l’atto contestato. Ecco le modalità per presentarla:

  • A mano: consegnandola direttamente all’ufficio competente.
  • Per posta: inviando una raccomandata con ricevuta di ritorno (A/R).
  • Via PEC: utilizzando una casella di Posta Elettronica Certificata.
  • Online: attraverso il Cassetto Fiscale sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Tempistiche e limiti
L’Agenzia delle Entrate ha 90 giorni di tempo per rispondere a una richiesta di autotutela obbligatoria, a partire dalla data in cui riceve l’istanza. Se non fornisce una risposta entro questo termine, il silenzio equivale a un rigetto implicito. In tal caso, il contribuente può impugnare il rifiuto tacito davanti al giudice tributario.

Tuttavia, ci sono alcune limitazioni:

  • Se esiste già una sentenza definitiva favorevole all’Agenzia delle Entrate, non è più possibile presentare una richiesta di autotutela.
  • Se l’atto è diventato definitivo perché il contribuente non lo ha impugnato nei termini previsti, è possibile chiedere l’autotutela solo entro un anno dalla definitività dell’atto.
  • La presentazione della richiesta di autotutela non sospende né interrompe i termini per altri procedimenti, come il ricorso giurisdizionale. Pertanto, è importante non fare affidamento esclusivo sull’autotutela obbligatoria come unica soluzione alternativa.
Come funziona l’autotutela facoltativa

Oltre all’autotutela obbligatoria, l’Agenzia delle Entrate può avvalersi dell’autotutela facoltativa, un meccanismo più flessibile. In questo caso, l’Agenzia ha facoltà, ma non l’obbligo, di annullare un atto, anche se non è manifestamente illegittimo. È come se il Fisco affermasse: “Forse ho sbagliato, ma non è così evidente. Tuttavia, per evitare una disputa, preferisco correggere la situazione”.

Questa forma di autotutela può essere esercitata quando:

  • L’atto non rientra nei casi di errore evidente previsti per l’autotutela obbligatoria.
  • L’atto appare illegittimo o infondato, ossia potrebbe violare le norme tributarie o non essere adeguatamente supportato da prove.
  • Non c’è una sentenza definitiva favorevole all’Agenzia delle Entrate.
  • Non è stato raggiunto un accordo tra contribuente e Fisco (es. accertamento con adesione).
Chi può chiedere l’autotutela facoltativa e come si presenta?

Come per l’autotutela obbligatoria, la richiesta di autotutela facoltativa può essere:

  • Presentata dal contribuente.
  • Attivata d’ufficio dall’Agenzia delle Entrate.

La domanda deve essere indirizzata all’ufficio che ha emesso l’atto contestato e deve includere:

  • Una spiegazione chiara delle ragioni per cui l’atto viene ritenuto illegittimo o infondato.
  • Documentazione a supporto della richiesta.
Differenze tra autotutela obbligatoria e facoltativa

Ci sono alcune differenze fondamentali tra i due tipi di autotutela:

  • Discrezionalità: nell’autotutela facoltativa, l’Agenzia ha maggiore libertà di scelta; non è obbligata ad annullare l’atto.
  • Obbligo di risposta: nell’autotutela obbligatoria, l’Agenzia deve rispondere entro 90 giorni; per l’autotutela facoltativa, invece, non esiste questo obbligo.
  • Ricorso contro il silenzio: in caso di mancata risposta a una richiesta di autotutela facoltativa, il contribuente non può presentare ricorso contro il silenzio. Tuttavia, è sempre possibile contestare l’atto originale davanti alla Corte di Giustizia Tributaria, purché i termini non siano già scaduti.
Come scrivere una domanda di autotutela

Per aumentare le possibilità di successo, è fondamentale scrivere una domanda chiara, completa e ben documentata. Ecco come procedere:

  • Inserisci i tuoi dati personali:
    • Nome e cognome.
    • Codice fiscale.
    • Indirizzo, numero di telefono e indirizzo email (meglio se PEC).
    • Dati del rappresentante, se presente (ad esempio il commercialista o l’avvocato).
  • Indica gli estremi dell’atto contestato:
    • Tipo di atto (es. avviso di accertamento, cartella esattoriale).
    • Numero dell’atto e data di notifica.
  • Descrivi la situazione in modo dettagliato:
    • Spiega perché ritieni che l’atto sia illegittimo o ingiusto.
    • Cita eventuali norme di legge o sentenze a supporto della tua posizione.
  • Allega la documentazione necessaria:
    • Fatture e ricevute.
    • Contratti.
    • Estratti conto bancari.
    • Dichiarazioni dei redditi.
    • Visure catastali o fotografie.
  • Firma la domanda:
    • Deve essere firmata dal contribuente o dal suo rappresentante legale.

Sospensione dell’atto in autotutela: cosa significa e quando è possibile?
Quando si presenta una richiesta di autotutela, è possibile chiedere anche la sospensione dell’esecuzione dell’atto contestato. Questa sospensione consente al contribuente di non dover pagare le somme richieste e di evitare l’avvio di azioni esecutive (come pignoramenti) fino alla decisione finale dell’Agenzia delle Entrate.

La sospensione può essere concessa sia in caso di autotutela obbligatoria che facoltativa. L’Agenzia delle Entrate può decidere di sospendere l’atto se ritiene che ci siano fondati motivi. Tra questi motivi rientrano:

  • Dubbi sulla legittimità dell’atto: se l’Agenzia ha perplessità sulla validità dell’atto, può sospenderlo per verificare meglio la situazione.
  • Difficoltà economiche del contribuente: in presenza di gravi difficoltà finanziarie, documentate e comprovate, il Fisco può sospendere l’atto per evitare di peggiorare la situazione.
  • Rischio di danni irreparabili: se l’esecuzione dell’atto potrebbe causare un danno grave e definitivo al contribuente, come la chiusura della sua attività, l’Agenzia può sospenderlo a titolo cautelare.
Effetti e durata della sospensione

La sospensione dell’atto ha effetto immediato dal momento in cui viene concessa. Durante la sospensione:

  • Il contribuente non è obbligato a pagare le somme richieste.
  • Non possono essere avviate azioni esecutive nei suoi confronti.

Tuttavia, è importante sottolineare che la sospensione non interrompe i termini processuali. Ciò significa che i termini per presentare un ricorso contro l’atto continuano a decorrere. Se si desidera impugnare l’atto, bisogna farlo entro 60 giorni dalla notifica, anche se l’atto è sospeso.

La sospensione è una misura temporanea che rimane in vigore fino a quando l’Agenzia delle Entrate non si pronuncia sulla richiesta di autotutela. Se l’autotutela viene respinta, l’atto riprende la sua esecutività e il contribuente sarà tenuto a pagare quanto dovuto.

Come chiedere la sospensione

La sospensione può essere richiesta all’interno della stessa domanda di autotutela. Per aumentare le probabilità di successo, è consigliabile:

  • Esporre in modo chiaro i motivi per cui si ritiene necessaria la sospensione.
  • Fare riferimento ai criteri sopra indicati, adattandoli alla propria situazione specifica.
  • Allegare documentazione che dimostri le difficoltà economiche o il rischio di danni irreparabili, se presenti.
Autotutela parziale: come ottenere sanzioni ridotte

In alcuni casi, l’Agenzia delle Entrate potrebbe accogliere la domanda di autotutela solo in parte. In queste situazioni, è comunque possibile ottenere una riduzione delle sanzioni da pagare.

L’autotutela parziale si verifica quando l’Agenzia annulla solo una parte dell’atto contestato. Ad esempio, se un avviso di accertamento contesta 10.000 euro di tasse non pagate, l’autotutela parziale potrebbe ridurre l’importo a 5.000 euro. In tal caso, il contribuente rimane debitore di questa somma.

La recente riforma delle sanzioni tributarie (Dlgs 87/2024) prevede che, in caso di autotutela parziale, si possano definire le sanzioni in modo agevolato. È possibile accedere a questa agevolazione con due modalità:

  • Acquiescenza: il contribuente accetta l’atto senza impugnarlo.
  • Adesione: il contribuente raggiunge un accordo con il Fisco sull’importo delle imposte dovute.

In entrambi i casi, si ha diritto a una riduzione delle sanzioni proporzionale alla parte di autotutela accolta.

Come funziona la definizione agevolata delle sanzioni?

Se il contribuente rinuncia a impugnare l’atto e paga le somme dovute entro 60 giorni dalla notifica, le sanzioni vengono ridotte a un terzo dell’importo originale.

Ad esempio:

  • Un avviso di accertamento contesta 10.000 euro di tasse non pagate e 3.000 euro di sanzioni.
  • Dopo la domanda di autotutela, l’Agenzia riduce le tasse a 5.000 euro.
  • Se il contribuente accetta questa decisione e paga entro 60 giorni, le sanzioni da versare saranno pari a 1.000 euro (un terzo di 3.000).

Questa definizione agevolata consente al contribuente di regolarizzare la propria posizione con un notevole risparmio sulle sanzioni.

L’avviso dell’Agenzia delle Entrate deve sempre riportare, in una sezione dedicata, l’importo delle sanzioni da versare in caso di definizione agevolata. Questo rende più semplice per il contribuente calcolare le somme dovute e scegliere se aderire alla proposta.

Condizioni per la definizione agevolata
Per accedere alla riduzione delle sanzioni in caso di autotutela parziale, è necessario rispettare alcune condizioni fondamentali:

  • Autotutela parziale: l’Agenzia delle Entrate deve aver annullato solo una parte dell’atto contestato.
  • Rinuncia al ricorso: il contribuente deve accettare la decisione dell’Agenzia e non impugnare l’atto presso la commissione tributaria.
  • Atto non definitivo: l’atto non deve essere diventato definitivo per mancata impugnazione o per sentenza passata in giudicato.
Autotutela rifiutata: come fare ricorso

Se l’Agenzia delle Entrate respinge la domanda di autotutela, è ancora possibile contestare la decisione presentando ricorso. Questa opzione consente al contribuente di rivolgersi a un giudice per chiedere un riesame della situazione.

Il ricorso è ammissibile solo se si tratta di un rifiuto espresso o implicito (silenzio-rifiuto). In entrambi i casi, è necessario rispettare i termini di legge:

  • Rifiuto espresso: se l’Agenzia comunica per iscritto il rigetto della domanda, il ricorso deve essere presentato entro 60 giorni dalla notifica.
  • Silenzio-rifiuto: nel caso di una domanda di autotutela obbligatoria senza risposta entro 90 giorni, il silenzio dell’Agenzia equivale a un rigetto, impugnabile davanti al giudice.

Nota importante: per le richieste di autotutela facoltativa, il silenzio dell’Agenzia non è impugnabile. In tal caso, il contribuente può contestare direttamente l’atto originario, purché siano ancora aperti i termini per il ricorso.

Come presentare ricorso?

Il ricorso va inoltrato alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado competente per territorio. È necessario avvalersi dell’assistenza di un difensore tributario abilitato.

Il giudice valuterà sia la domanda di autotutela presentata dal contribuente, sia la decisione dell’Agenzia delle Entrate. Se il giudice ritiene che l’autotutela sia stata rifiutata in modo illegittimo, potrà annullare l’atto contestato.

Responsabilità dei funzionari in caso di autotutela: cosa cambia?

La riforma dell’autotutela ha introdotto una modifica significativa riguardo alla responsabilità dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate.

In passato, i funzionari potevano essere ritenuti responsabili anche per colpa grave, cioè per negligenza o imprudenza nell’esercizio delle loro funzioni. La nuova normativa limita la responsabilità ai soli casi di dolo, ovvero quando il funzionario agisce con l’intento consapevole di arrecare un danno all’erario.

Questo significa che:

  • Un funzionario sarà responsabile solo se annulla un atto senza alcun presupposto per farlo e con l’intenzione di causare un danno allo Stato.
  • Errori commessi in buona fede o per colpa grave non comportano più responsabilità personali per il funzionario.

L’obiettivo di questa modifica è quello di incentivare l’uso dell’autotutela, riducendo il timore dei funzionari di essere penalizzati in caso di annullamenti errati ma fatti in buona fede.

Vantaggi per i contribuenti

Questa riforma si traduce in un potenziale beneficio anche per i contribuenti, perché:

  • I funzionari saranno più propensi a correggere eventuali errori attraverso l’autotutela.
  • La possibilità di ottenere l’annullamento di atti illegittimi diventa più concreta, poiché i funzionari non saranno più dissuasi dal rischio di conseguenze personali o patrimoniali.

Con queste nuove regole, si punta a rendere il sistema fiscale più equo e trasparente, favorendo una maggiore collaborazione tra contribuenti e amministrazione finanziaria.

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