Chi sono i finanziatori della “causa LGBT”?

In Italia le persone transgender sono 400 mila, ma dietro alla lotta della causa LGBT ci sarebbe un complesso aziendale multimilionario

Chi sono i finanziatori della
Chi sono i finanziatori della “causa LGBT”. Nel 2020, l’Università di Firenze, l’azienda ospedaliera Careggi, la fondazione The bridge, l’Osservatorio nazionale sull’identità di genere e l’Istituto superiore di sanità hanno dato il via a un’indagine chiamata “Spot” (“Stima della popolazione transgender adulta in Italia“). La ricerca è nata per fare un censimento dei trans sul territorio italiano, perché ad oggi non sappiamo esattamente quante siano le persone che hanno modificato il proprio genere o sono in procinto di farlo.

Nel presentare l’indagine, Marina Pierdominici dell’Istituto superiore di sanità, ha fatto una stima: “I dati della letteratura scientifica internazionale suggeriscono che la percentuale di popolazione transgender dovrebbe essere compresa tra lo 0,5 e l’ 1,2% del totale. Se confermata anche nel nostro Paese, conterebbe circa 400.000 italiani“.

Come mai, allora, temi come quello del “gender Id” sono diventati centrali nel dibattito pubblico nonostante l’evidente marginalità sul piano statistico? Perché la causa LGBT gode di così tanta pubblicità a livello mediatico e ottiene tanto spazio nel mondo dell’intrattenimento?

Le idee senza soldi non arriverebbero molto lontano. Così, La Verità, ha pubblicato un’inchiesta sui finanziatori che sostengono la causa LGBT.

La prima organizzazione a compiere grandi investimenti sulla promozione della causa LGBT è stata la britannica Stonewall (una delle più grandi in Europa).

La Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani britannica (EHRC) ha cancellato la sua adesione al programma “Diversity champions” di Stonewall. Il motivo ufficiale è il “cattivo rapporto qualità-prezzo del servizio“. In realtà, la rottura riguarderebbe il fatto che Stonewall ha pubblicamente criticato l’EHRC per il suo scarso impegno sui diritti transgender.

Attualmente, del programma “Diversity champions” fanno parte circa 850 aziende e istituzioni: Stonewall (dietro pagamento di una quota) offre consigli su come “gestire le diversità“. L’associazione britannica, che dalla nascita nel 1989 si è occupata per lo più di gay e lesbiche, ha iniziato a spingere sui temi trans dopo il 2013 (l’anno in cui nel Regno Unito sono state approvate le unioni omosessuali).

La giornalista e attivista Jo Bartosch ha detto: “quando Ruth Hunt è stata nominata Ceo di Stonewall nel 2014, si è trovata a capo di un ente di beneficenza ricco di personale e denaro ma improvvisamente privo di una causa. Hunt ha trovato la nuova causa grazie alla lotta per i diritti dei trans“.

Dietro la causa LGBT, però, non ci sarebbero solo le associazioni, ma anche organizzazioni dotate di grande potere economico, come la Open society foundations di George Soros (imprenditore e filantropo ungherese naturalizzato statunitense). Tra il 2013 e il 2016, Soros avrebbe finanziato associazioni come la “Gay straight alliance” (100.000 dollari nel solo 2013) e la “Gate” (Global action for trans equality, 244.000 dollari).

Le sigle LGBT hanno cominciato a ottenere maggiori donazioni all’inizio degli anni 2000, ma dal 2013/2014 la situazione sarebbe cambiata anche grazie all’attività di Arcus (una Ong fondata e curata da Jon Stryker, ricco magnate dell’industria sanitaria). Come documentato dalla giornalista e attivista Jennifer Bilek, “tra il 2016 e l’ aprile 2021 Arcus ha investito quasi 74 milioni di dollari in promozione della giustizia sociale. La maggior parte dei suoi beneficiari avevano a che vedere con l’ideologia dell’identità di genere“.

Arcus è una delle principali promotrici della causa LGBT a livello globale. Finanzia associazioni storiche e potenti come Ilga (che riunisce tantissimi gruppi LGBT di tutto il mondo), che hanno espulso dalla sezione europea le femministe di Arcilesbica, considerate “trans escludenti“. Ha sovvenzionato anche la britannica Stonewall: 142.000 dollari versati “appena prima che ampliasse il suo mandato per coprire le questioni transgender“. Nel 2013, ha scelto come direttore del programma internazionale per i diritti umani Adrian Coman, proveniente dalla Open society foundations. Nel 2015, ha raccolto 20 milioni di dollari per la New global trans initiative in collaborazione con una fondazione chiamata Novo (fondata da Peter Buffett, figlio di Warren Buffett), che si occupa anche di sostenere Black lives matter e altri movimenti analoghi.

Secondo Jennifer Bilek, dietro l’esplosione della causa LGBT ci sarebbero principalmente “uomini, bianchi, estremamente ricchi e con un’enorme influenza culturale“, tra cui Soros, Jennifer Pritzker (imprenditore trans con un patrimonio da 2 miliardi di dollari circa); l’attivista, imprenditrice e transumanista Martine Rothblatt, l’imprenditore Tim Gill (il primo gay dichiarato nella lista dei 400 ricchissimi di Forbes).

La causa LGBT, però, godrebbe anche del sostegno di alcune tra le più grandi aziende del mondo. Nel settembre 2020, Stonewall ha organizzato un grande evento a sostegno della causa trans intitolato “Trans rights are human rights“. Lo hanno sostenuto 136 grandi aziende tra cui Amazon, Aviva, Citi, Google, Deliveroo, Deloitte, Microsoft, JP Morgan, Disney, Visa, P&G, Zurich.

Poi, all’inizio di maggio, un centinaio di corporation hanno firmato un documento di protesta contro gli Stati americani che avevano approvato leggi “anti Lgbtq“, con particolare attenzione alle norme riguardanti “i giovani transgender“. Queste aziende si sono schierate politicamente per bloccare “le leggi che influenzerebbero l’accesso alle cure mediche per le persone transgender, i diritti dei genitori, i servizi sociali e familiari, gli sport studenteschi o l’accesso a strutture pubbliche come i bagni“. Tra queste ci sono Apple, Airbnb, Dell, Facebook, Hilton, Ibm, Ikea, Nike, Pepsi, Pfizer, Uber, Unilever, Wells Fargo.

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