Palermo piena di ergastolani mafiosi non pentiti in semilibertà e permesso premio

A Palermo, diversi mafiosi condannati all’ergastolo stanno ottenendo permessi premio e semilibertà, pur non avendo mai collaborato con la giustizia

Palermo piena di ergastolani mafiosi non pentiti in semilibertà e permesso premio

A Palermo, diversi mafiosi condannati all’ergastolo stanno ottenendo permessi premio e semilibertà, pur non avendo mai collaborato con la giustizia. Tra questi figurano nomi di spicco come Raffaele Galatolo, noto come lo “strangolatore” dell’Acquasanta, e Paolo Alfano, killer della mafia. Recentemente, anche altri boss, tra cui Ignazio Pullarà, storico reggente del mandamento di Santa Maria di Gesù, hanno avuto accesso a questi benefici. Anche Giovanni Formoso, condannato per la strage di via Palestro a Milano, ha ottenuto la semilibertà, sebbene con il divieto di rientrare in Sicilia.

Il caso di Giovanni Formoso è emblematico: condannato all’ergastolo per la strage di via Palestro, avvenuta il 27 luglio 1993, in cui morirono cinque persone, Formoso era un uomo fidato dei fratelli Graviano, figure centrali nelle stragi mafiose del 1993 e coinvolti nell’attentato in via D’Amelio in cui perse la vita il giudice Paolo Borsellino. Anche Raffaele Galatolo, che è tornato a Palermo, è una figura storica della mafia palermitana. Negli anni Ottanta, era un membro della “camera della morte” di Vicolo Pipitone, un luogo simbolico delle attività di Cosa Nostra, che, secondo diversi pentiti, era un punto di incontro tra mafiosi e membri dei servizi segreti.

Tra coloro che hanno ottenuto benefici penitenziari c’è anche Ignazio Pullarà, la cui figura è associata ai legami tra i boss di Cosa Nostra e personaggi politici come Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. In una sentenza della Corte d’Appello di Palermo, si legge infatti che Pullarà avrebbe sottratto somme che, secondo Vittorio Mangano, erano destinate a lui e provenivano da Berlusconi.

Paolo Alfano, un altro mafioso ergastolano rientrato a Palermo, è stato condannato al Maxiprocesso e all’ergastolo per due omicidi. I giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino lo descrissero come uno dei killer più spietati della famiglia mafiosa di corso dei Mille.

Questi rientri a Palermo derivano da un nuovo orientamento giurisprudenziale, più permissivo rispetto al passato, verso i mafiosi non collaboratori. Tale cambiamento è stato influenzato da sentenze della Corte Europea dei Diritti Umani e della Corte Costituzionale italiana. Nel 2019, la Corte Europea ha stabilito che l’Italia dovesse rivedere la legge sull’ergastolo ostativo, che impediva ai condannati di usufruire di benefici penitenziari se non collaboravano con la giustizia. Questa disposizione, introdotta dopo le stragi di Capaci e via D’Amelio, impediva a coloro condannati per reati di mafia e terrorismo di ottenere benefici come i permessi premio.

La Corte Costituzionale ha recepito le indicazioni della CEDU, stabilendo che anche i mafiosi possono ora avere accesso a permessi premio, anche in assenza di collaborazione con la giustizia. Sebbene il governo Meloni sia intervenuto introducendo norme più severe per la concessione di questi benefici, il divieto di permessi premio e libertà condizionale per mancata collaborazione non è più assoluto. I Tribunali di Sorveglianza sono ora tenuti a valutare caso per caso. Questa situazione rende la collaborazione con la giustizia una scelta meno conveniente per molti mafiosi.

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