Le zone a rischio idrogeologico possono variare all’interno delle regioni stesse, in base alla specifica localizzazione geografica e alle caratteristiche del territorio
Le zone a rischio idrogeologico in Italia. L’Italia è un paese caratterizzato da una notevole varietà di paesaggi e condizioni climatiche, il che porta a diverse aree a rischio idrogeologico. Le zone più a rischio di frane e alluvioni in Italia possono essere individuate in base a diversi fattori, tra cui la morfologia del territorio, la presenza di corsi d’acqua e di terreni instabili, e le precipitazioni intense.
Le zone a rischio idrogeologico possono variare all’interno delle regioni stesse, in base alla specifica localizzazione geografica e alle caratteristiche del territorio. Il monitoraggio costante delle condizioni meteorologiche, la pianificazione urbanistica e la messa in atto di misure di prevenzione e protezione sono fondamentali per affrontare e mitigare i rischi idrogeologici in tutto il paese.
Zone a rischio alluvioni
Le zone più a rischio di alluvioni in Italia sono identificate e classificate dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) attraverso una serie di statistiche sul dissesto idrogeologico. Nel loro report più recente, pubblicato nel 2021, Ispra suddivide le aree allagabili in 3 scenari di probabilità: elevata, media e bassa probabilità di alluvioni.
Nello scenario con elevata probabilità rientrano le zone soggette a alluvioni con tempi di ritorno compresi tra i 20 e i 50 anni. Il tempo di ritorno rappresenta l’intervallo medio di tempo che intercorre tra due alluvioni con un’intensità simile. Nel caso dello scenario con probabilità media, il tempo di ritorno è tra 100 e 200 anni, mentre nello scenario a bassa probabilità è superiore ai 200 anni.
Secondo le rilevazioni più recenti di Ispra, il 5,4% del territorio italiano (oltre 16.000 chilometri quadrati) rientra nel livello di pericolosità elevata, che corrisponde a una superficie maggiore dell’intera regione della Campania. Il 10% del territorio (oltre 30.000 chilometri quadrati) è classificato come a pericolosità media, mentre il 14% (oltre 42.000 chilometri quadrati) è a pericolosità bassa. È importante notare che queste percentuali non vanno sommate tra loro, poiché una zona con un alto livello di pericolosità è inclusa anche tra quelle a pericolosità media e bassa.
Nelle zone a elevato rischio di alluvione vivono circa 2,4 milioni di persone e vi sono più di 620.000 edifici, che rappresentano il 4,3% del totale. Nelle zone a rischio medio risiedono circa 6,8 milioni di persone e vi sono altri 1,5 milioni di edifici. Infine, nelle zone a bassa probabilità di alluvione vivono circa 12,3 milioni di persone e vi sono 2,7 milioni di edifici. Complessivamente, Ispra considera come zone ad alto rischio di alluvione quelle con una probabilità media o elevata di alluvione, che corrispondono a una popolazione totale di 6,8 milioni di persone.
Analizzando le regioni italiane, la Calabria è quella con la quota maggiore di territorio a elevata probabilità di alluvione (17,1%), seguita dall’Emilia-Romagna (11,6%) e dal Veneto (10%). Al contrario, le regioni di Trentino-Alto Adige e Marche hanno un rischio di alluvione vicino allo 0%. Riguardo alla probabilità di alluvione media, l’Emilia-Romagna è in prima posizione (45,6%), seguita da Calabria (17,2%) e Friuli-Venezia Giulia (14,6%). Pertanto, considerando solo il rischio di allagamento dopo le alluvioni, l’Emilia-Romagna è la regione con il rischio maggiore.
In Lombardia, la provincia con la maggiore superficie allagabile è quella di Mantova. Nel Veneto, le province più a rischio sono Venezia, Padova e Rovigo. Nell’Emilia-Romagna, le province di Ravenna e Ferrara presentano un alto rischio di alluvione.
L’8,3% del Nord-Est dell’Italia è considerato a rischio elevato di alluvione, mentre il 5,9% del Nord-Ovest, il 5,7% del Sud, il 3,6% del Centro e il 2,5% delle Isole sono classificati come a rischio. Questi dati evidenziano che il Nord-Est presenta un rischio maggiore rispetto ad altre regioni italiane.
Zone a rischio frane
Le zone più a rischio di frane in Italia sono classificate dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) in cinque categorie: pericolosità molto elevata, elevata, media, moderata e aree di attenzione, dove sono presenti possibili situazioni di dissesto senza una classificazione di pericolosità definita.
Complessivamente, il 20% del territorio italiano (60.500 chilometri quadrati) si trova in una zona a rischio di frane o in un’area di attenzione. Le zone a pericolosità molto elevata coprono il 3,1% del territorio e coinvolgono 500.000 persone, mentre le zone a pericolosità elevata riguardano il 5,6% del territorio e coinvolgono 804.000 persone. Le zone a pericolosità media interessano il 4,8% del territorio e coinvolgono 1,7 milioni di persone, mentre quelle a pericolosità moderata coprono il 4,2% del territorio e coinvolgono 2 milioni di persone. Le aree di attenzione riguardano il 2,3% del territorio e coinvolgono 677.000 persone. Le zone considerate molto a rischio, ovvero quelle con pericolosità molto elevata ed elevata, rappresentano l’8,7% del territorio, dove vivono 1,3 milioni di persone.
In Valle d’Aosta, l’82% del territorio è classificato come a pericolosità molto elevata o elevata da frana, rendendola la regione più a rischio. La seconda regione più a rischio è la Campania (19,4%), seguita dalla Toscana e dal Molise (16%). Le zone a pericolosità media o moderata interessano il 44% del territorio della Liguria, il 31% della Toscana e circa il 20% delle regioni Trentino-Alto Adige, Sardegna e Campania.
L’11,4% del territorio del Nord-Ovest è classificato come a pericolosità elevata o molto elevata da frana, seguito dal Centro (10,1%), Sud (8,9%), Nord-Est (8,2%) e le Isole (4,5%).
Come sottolineato da Ispra, le frane sono causate principalmente dalle caratteristiche del territorio italiano e dalle attività umane, come costruzioni, strade e scavi. L’impatto dei cambiamenti climatici contribuisce con precipitazioni intense e brevi che aumentano la frequenza di fenomeni di frana superficiale e colate di fango e detriti. Questi fattori rendono fondamentale la pianificazione e l’implementazione di misure di prevenzione e mitigazione del rischio di frane nelle aree a maggiore pericolosità.
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